“Negli ultimi tempi soprusi sulle comunità di fede sono avvenuti con spaventosa regolarità in tutta l’India“. Lo denuncia il gesuita indiano Cedric Prakash, attento osservatore della condizioni in cui vivono i fedeli in India in un intervento sull’Osservatore Romano. Padre Prakash, che da anni monitora i casi di violenza sui cristiani indiani, che sono circa il 2 per cento della popolazione, rileva appunto che “negli ultimi tempi soprusi sulle comunità di fede sono avvenuti con spaventosa regolarità in tutta l’India, in particolare negli stati governati dal Bharatiya Janata Party”.
Si ricorda, tra gli episodi più scioccanti, ad Agra, nello Stato di Uttar Pradesh, che alcuni estremisti indù hanno bruciato immagini natalizie all’esterno di una scuola cristiana. E nel centro di preghiera “Matridham Ashram”, nella diocesi cattolica di Varanasi, sempre in Uttar Pradesh, un gruppo di militanti ha assediato e intimorito una celebrazione natalizia gridando slogan come «morte ai missionari».
In Assam, Stato dell’India orientale, la notte di Natale due estremisti hanno fatto irruzione in una chiesa presbiteriana, interrompendo le celebrazioni e chiedendo a tutti gli indù, presenti per spirito di condivisione interreligiosa, di lasciare l’edificio. Nello Stato settentrionale di Haryana, la notte della vigilia, un concerto natalizio di ragazzi è stato interrotto con l’accusa di usare i tradizionali carols come “strumento di conversione religiosa”. Il giorno di Santo Stefano, una statua di Cristo è stata distrutta e la chiesa cattolica del Santo Redentore ad Ambala è stata oggetto di atti vandalici, con grande sconcerto dei padri redentoristi.
Questi ed altri casi di aggressioni, secondo padre Prakash danno la cifra di «una campagna ben orchestrata per denigrare e demonizzare i cristiani, spesso condotta con finalità politiche». La campagna, rileva il gesuita, ha il pericoloso effetto di “polarizzare la società su base religiosa, dividendo la maggioranza indù dalle altre comunità di fede, come quelle cristiane o musulmane”.