Tutto è iniziato fra musiche wagneriane, rullar di tamburi e squilli di trombe. Il DIO VACCINO scendeva fra gli uomini, portatore di salvezza fra telecamere inquadranti, mass media compiacenti, politici esultanti e camici bianchi plaudenti. Giungeva dal nord con furgoni frigorifero, staffette di polizia e dell’esercito fino al suo santuario di Pratica di Mare da dove si sarebbe irradiato in tutto il Bel Paese. Questa la sceneggiatura italiana.
Ma ahimè, i bei sogni durano poco e una gragnuola sempre più fitta di cattive notizie incrina il mito salvatore. In Italia e fuori, stiamo assistendo al crepuscolo della sua immagine che trascina nelle tenebre del sospetto anche le walchirie-case-produttrici che dovevano portarci nel Walhalla dell’immortalità.
Quello di AstraZeneca, secondo alcune pubblicazioni tedesche ha un efficacia inferiore al 10% sugli over 65enni; ovvero i soggetti più a rischio di morte. E quindi…. Diciamo che serve meno delle aspettative nutrite.
Quello di Pfizer sembra essere arrivato primo ed avere conquistato la maggior quota di mercato, ma…. Non ce n’è abbastanza. Non rispettano i tempi di consegna. Lo sapevano sin dall’inizio di non potercela fare? Ma…i contratti non li vincolano? Beh, a quanto pare, li hanno scritti male. E lo stesso vale per Moderna, le cui dosi, arrivate dopo, rimangono comunque insufficienti.
E poco valgono le recriminazioni della presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, che li rampogna chiedendo il rispetto delle consegne. Verba volant; scripta manent. Al prossimo virus (facendo i dovuti scongiuri) la Commissione europea stia più attenta a quello che firma.
La francese Sanofi è in ritardo nella preparazione del suo vaccino che dovrebbe essere disponibile in autunno; nel frattempo darà forse una mano a Pfizer per inserirlo nei flaconcini, processo di confezionamento non semplice.
Si arrende l’Istituto Pasteur, il più importante ente francese per la ricerca, che insieme all’americana Merck rinuncia al progetto per lo sviluppo di un vaccino a causa dei risultati insufficienti finora raggiunti.
E tutto ciò è avvenuto a fronte della ancora scarsa conoscenza e dell’imprevedibilità camaleontica del covid 19, nonché del precedente insuccesso nella creazione di vaccini per taluni suoi parenti, appartenenti anch’essi alla famiglia dei coronavirus. Lo stesso fiasco, faremo bene a ricordarlo, già registrato con l’HIV, SARS ed epatite C, per i quali non abbiamo ancora vaccini. Da questa triste carrellata possiamo dedurre che:
- la corsa al risultato non è motivata da spirito filantropico ma è una grande lotta per il controllo di un mercato redditizio.
- la solidarietà europea va a pezzi per la corsa all’accaparramento di alcuni stati più furbi di altri.
- per rodare seriamente un vaccino ci vogliono anni; ma lo sapevamo anche prima.
- speriamo di non dovere scrivere pagine dolorose in futuro sugli effetti postumi di questi vaccini poco rodati.
Forse una maggiore prudenza, una fermezza delle istituzioni europee, nessuna frenesia messianica dettata dalla paura e dall’abbandono fideistico nella “scienza” (ovvero nelle multinazionali del farmaco) avrebbero evitato tanta delusione e avrebbero portato anche ad una maggiore attenzioe verso interventi più incisivi; anzitutto con le terapie e col potenziamento della medicina territoriale. Per i quali siamo ancora in tempo; se ne accorgerà il mondo politico?