La Cassazione ha confermato l’assoluzione di Stefano Binda dall’accusa di aver ucciso Lidia Macchi, la giovane studentessa trucidata con 29 coltellate nel gennaio 1987 e ritrovata morta in un bosco a Cittiglio nel Varesotto. In primo grado Binda era stato condannato all’ergastolo, salvo poi essere prosciolto in appello dalla Corte di Assise di Appello di Milano. Dichiarato quindi inammissibile il ricorso del pg di Milano e dei familiari di Lidia.
“Crediamo che durante il corso delle indagini e soprattutto dei processi non siano emerse prove a sufficienza per ritenere che Stefano Binda sia stato l’assassinio di Lidia e pertanto comprendiamo la sua completa assoluzione”, scrivono in una lettera Paola, Stefania e Alberto Macchi, rispettivamente madre e fratelli di Lidia Macchi. “In noi rimarrà per sempre la ferita di non aver trovato il colpevole della morte di Lidia”, prosegue la lettera.
Omicidio Lidia Macchi, confermata l’assoluzione di Binda
I familiari ricordano la “dolorosa scoperta della distruzione e sparizione di alcuni reperti che, con le tecniche moderne, avrebbero potuto portare un apporto decisivo in questo percorso giudiziari”. “Come famiglia – prosegue la lettera – ci teniamo a ringraziare tutti quelli che in questi anni hanno collaborato alla ricerca della verità, e in particolar modo il nostro avvocato Daniele Pizzi”.
I familiari sottolineano nella lettera il difficile percorso doloroso che è la Giustizia e concludono con le parole della stessa Lidia, ricordate da sua madre: “Nulla, nemmeno il dolore più atroce è privo di senso…è così semplice rispondere eccomi, anche nella notte più fonda, eccomi, sono Tua (Signore) prima di tutto, eccomi, nulla più mi fa paura”.