Sembrerebbe uno storia di ordinario teppismo, di quello a cui gli abitanti del belpaese sembrano ormai abituati. A Milano i “soliti ignoti” hanno strappato i maxi-manifesti di Pro Vita & Famiglia che si “permettevano” di ricordare una lapalissiana verità, ovvero che la Ru486 è rischiosa per la vita e la salute della donna e uccide sicuramente il figlio in grembo. Si sa infatti benissimo che l’assunzione di quel veleno in due fasi (uccisione del bimbo e sua espulsione) dura alcuni giorni, può provocare dolori lancinanti e produrre danni. Tutto ciò avviene ad una donna sola, nel gabinetto di casa sua. È una procedura brutale in barba alla stessa legge 194/78 che legalizza l’aborto vincolandolo però al ricovero ospedaliero. È un regalo fatto alle donne italiane dal ministro-compagno Speranza, che liberalizza la ‘pillola dei 5 giorni dopo’ anche per le minorenni senza ricetta medica e senza il consenso dei genitori.
Il manifesto di Pro Vita&Famiglia contro la Ru486
Anche a Genova i manifesti sono stati imbrattati con relativa firma “Non una di meno”. Ma Roberto Saviano, Selvaggia Lucarelli, David Parenzo si erano già strappati le vesti gridando allo scandalo e chiedendo la rimozione dei manifesti. La grande stampa, Il Corriere della Sera, Repubblica, RaiNews, Avvenire, La Verità, il Giornale, La Stampa e tanti altri, stranamente hanno attenzionato l’iniziativa. Perché tanto clamore e tanta avversione per un manifesto?
Forse perché tocca un nervo scoperto della nostra ipocrita società che si riempie della parola “diritti” e lascia una madre sola ad uccidere il figlio e a scaricarlo nel cesso, dopo averlo visto per la prima ed ultima volta. I fautori del diritto della donna a decidere del proprio corpo si voltano dall’altro lato per non vedere i sei milioni di morti uccisi dal popolo italiano con la legge assassina, la 194 del 1978. Ad essi si potranno ora aggiungere tutti quelli della pillola killer di cui non sapremo neanche il numero. Ma tutto ciò deve avvenire in silenzio. Guai a chi osa ricordarlo; è pronta per i trasgressori la “scomunica civile”.
Diego Torre