A Torino il Consiglio Comunale ha approvato, su proposta della maggioranza 5 Stelle, una mozione con cui si chiede al sindaco Chiara Appendino di creare un’attività di formazione, addirittura permanente, sull’ideologia gender, per i docenti. Una sorta di “scuola di genere” che servirà alla formazione degli insegnanti. Ma era così indispensabile questa mozione in un periodo di crisi come questo? Sono forse altre le priorità per il paese?
Docenti a scuola di gender, la polemica a Torino
Non ha tardato ad arrivare la denuncia forte del deputato torinese Augusta Montaruli di Fdi. “In piena pandemia – ha fatto notare – la città di Torino si preoccupa di mandare insegnanti di nidi e materne a scuola di gender anzichè occuparsi di una città che sta in ginocchio”. E ancora: “La legge Zan non è ancora approvata e già i grillini si portano avanti sacrificando i minori davanti all’altare della ideologia arcobaleno“.
Fratelli d’Italia, invece, nella città di Torino, è rappresentata principalmente dal consigliere regionale Maurizio Marrone, che ha sottolineato il movente, ancora una volta, ideologico dell’iniziativa. Mentre la Montaruli, nel lanciare la sua invettiva contro l’iniziativa ha espresso anche l’assoluto diritto delle famiglie di opporsi de facto a certi tentativi sfacciati di colonizzazione ideologica: “Se tutto questo dovesse concretizzarsi le famiglie torinesi devono essere libere anche nelle strutture pubbliche di scegliere i loro insegnanti e non sottoporre i propri figli a lavaggi di cervello.
Un conto è impedire la discriminazione, un conto è, come vorrebbe il sindaco Appendino, dire ai bambini che non esistono mamma e papà ed educarli al genere fluido compromettendo sia i minori che la libertà educativa delle loro famiglie”.