«La mia personale impressione è che il lockdown per come lo abbiamo vissuto e sofferto, più rigoroso che altrove, abbia limitato la circolazione del virus in alcune parti d’Italia. Parecchie regioni non hanno avuto nuovi casi per un determinato lasso di tempo. Quell’intervento radicale ci ha dato una sorta di onda lunga di protezione, ma l’equilibrio è fragile».
Così ha dichiarato, in un’intervista al Corriere della Sera, Massimo Galli, direttore del dipartimento di malattie infettive dell’ospedale Luigi Sacco di Milano.
«Dopo un’estate condotta in maniera non prudente in molte parti del Paese – ha avvertito l’infettivologo -, c’è stata una ripresa dei contagi. Il virus non se ne è mai andato. Il rialzo dell’età media dei casi suggerisce che l’infezione si sia diffusa nel contesto familiare. I numeri finora sono sostenibili. Tuttavia la medicina territoriale ha bisogno di essere irrobustita, per contenere i focolai».
L’effetto del ritorno fra i banchi di scuola, sarà visibile nelle prossime due-tre settimane: «Ora è presto: una parte degli istituti ha ripreso le lezioni il 14 settembre, altri dopo le votazioni. La Francia ha riaperto le scuole con 15 giorni di anticipo. Ma non ritengo che la loro situazione sia determinata da questo elemento».
«Una grande seconda ondata non ce l’aspettiamo»
Qualche giorno fa, in occasione del convegno sulla povertà sanitaria e farmaceutica minorile in Lombardia prima e dopo l’emergenza Covid-19, promosso da Fondazione Francesca Rava N.P.H. Italia Onlus e Federfarma Lombardia, il professor Galli aveva dichiarato di essere scettico sull’eventualità di una seconda ondata di contagi.
«Una grande seconda ondata non ce l’aspettiamo. Un rapido peggioramento che ci ponga in condizioni simili a Francia, Spagna, Gran Bretagna dubito, ma credo che sia un’eventualità da contenere. È necessario capire cosa succede nelle prossime 2 o 3 settimane».
L’infettivologo aveva accennato alle conseguenze del ritorno dalle vacanze estive: «Non una cosa bellissima: abbiamo avuto anche un po’ di pazienti che per età presumiamo siano stati infettati da vacanzieri di ritorno, ma non è andata così male come si poteva prevedere. Ora abbiamo però un punto dato dalla ripresa generale che merita attenzione».
«Questa nostra frizzante estate ha visto molte persone ritenere la partita chiusa con il discorso Covid e ha visto una serie di infezioni legate a momenti di movida diffusa», ha osservato il professor Galli, che ha posto l’accento anche sulla questione discoteche e sul «segnale di un notevole mancato coordinamento fra le autorità dello Stato. Su questioni di questo genere dal centro dovevano dare meno gradi di libertà e dalla periferia dovevano tenere duro sul no».
Ciò che sta accadendo adesso è chiaro: «Pur avendo una condizione infinitamente migliore rispetto ai Paesi attorno e rispetto a marzo-aprile, qualche malato in più in ospedale ce lo abbiamo, qualche problema in più nelle terapie intensive negli ospedali hub cominciamo ad averlo, qualche necessità di approntare risorse mettendo le mani avanti anche».
Ciò non vuol dire, conclude Galli, che ci si aspetti una grande seconda ondata: «Soprattutto nelle aree metropolitane, ci stiamo riassestando. Abbiamo dovuto fare un lavoro di ‘decovidizzazione’ di gran parte dei reparti risucchiati in un gorgo» durante l’emergenza Covid-19.
«Dobbiamo affrontare una realtà di diffidenza da parte dell’utenza. Uno dei grandi problemi figli del coronavirus è stato proprio questo: il rallentamento e il rinvio di molte procedure sanitarie su patologie correnti. Un rinvio che è stato in parte strutturale, ma in parte legato a paura e riluttanza diffusa. Significa che dopo la decovidizzazione degli ospedali, bisogna far tornare le persone a curarsi».
Gina Lo Piparo
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