Rendere l’utero in affitto reato universale: questo il fulcro della proposta di legge di cui ieri, 23 settembre, Giorgia Meloni ha annunciato l’inizio dell’iter parlamentare alla Camera dei deputati.
«Inizia oggi in Commissione Giustizia alla Camera l’esame della proposta di legge di Fratelli d’Italia per rendere l’utero in affitto reato universale, ovvero punibile in Italia anche se commesso all’estero – si legge su un post su Facebook del leader di Fratelli d’Italia -. Avevamo presentato questa proposta nel 2018, finora era rimasta chiusa nei cassetti di Montecitorio ma finalmente prende il via la sua discussione».
«La maternità surrogata – continua Meloni, prima firmataria della proposta – è la forma di schiavitù del terzo millennio, che umilia il corpo delle donne e trasforma i bambini in una merce. Mi auguro che tutte le forze politiche, al di là degli schieramenti e delle posizioni, vogliano condividere con noi questa battaglia di civiltà».
Il testo della proposta
La proposta di legge era stata presentata il 23 marzo del 2018 e prende le mosse dalla legge del 19 febbraio 2004, n. 40, recante « Norme in materia di procreazione medicalmente assistita ». All’articolo 12, comma 6, il testo prevede che «Chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la
multa da 600.000 a un milione di euro».
Tale divieto risulta operativo solo a livello nazionale, poiché in altri Paesi, europei ed extra europei, tali pratiche sono legali e quindi anche i cittadini italiani possono avvalersene.
«Questo – si legge sul documento recante la proposta di legge – ha dato luogo e sta dando luogo in questi anni alla diffusione del cosiddetto turismo procreativo, cioè di quel fenomeno per cui coppie italiane che non possono avere figli si avvalgono della tecnica della surrogazione di maternità in un Paese estero in cui la stessa è consentita».
“Mercimonio di madri e di bambini”
Il documento continua spiegando che le pratiche della surrogazione di maternità sarebbero lesive sia dei diritti dei bambini che di quelli delle madri, «un esempio esecrabile di commercializzazione del corpo femminile e degli stessi bambini […] trattati alla stregua di merci».
«Nella surrogazione di maternità – si legge – le donne che “prestano” il proprio corpo non hanno alcun diritto sui bambini che pure portano in grembo e non sono neanche considerati i diritti dei bambini, costretti a separarsi dalla madre biologica subito dopo il parto (un evento assolutamente traumatico) e che si chiederanno per tutta la vita chi sia la loro madre biologica. Tutto questo dimostra come la «favola» della madre che generosamente presta il proprio corpo a una donna che non riesce a sostenere una gestazione sia lontana dalla realtà, mentre la verità è che si tratta di un banale mercimonio di madri e di bambini».
I precedenti
La proposta di legge fa riferimento anche all’approvazione da parte del Comitato nazionale per la bioetica di una mozione che definisce la maternità surrogata come «un contratto lesivo della dignità della donna e del figlio sottoposto come un oggetto a un atto di cessione» (18 marzo 2016). Era stato ritenuto che «l’ipotesi di commercializzazione e di sfruttamento del corpo della donna nelle sue capacità riproduttive, sotto qualsiasi forma di pagamento, esplicita o surrettizia, sia in netto contrasto con i princìpi bioetici fondamentali».
Altro evento cui si fa riferimento è, in ambito europeo, l’approvazione il 17 dicembre 2015 della Relazione annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo nel 2014, nel corso dell’Assemblea plenaria del Parlamento europeo.
Un emendamento ivi contenuto stabilisce che il Parlamento europeo «condanna la pratica della maternità surrogata, che mina la dignità umana della donna, visto che il suo corpo e le sue funzioni riproduttive sono usate come una merce; considera che la pratica della maternità surrogata, che implica lo sfruttamento riproduttivo e l’uso del corpo umano per profitti finanziari o di altro tipo, in particolare il caso delle donne vulnerabili nei Paesi in via di sviluppo, debba essere vietato e trattato come questione di urgenza negli strumenti per i diritti umani a disposizione dell’Unione europea nel dialogo con i Paesi terzi».
La proposta
Illustrate le difficoltà della giurisprudenza italiana nel pronunciarsi su questioni legate alla surrogazione di maternità e all’effettuazione di tali pratiche all’estero da parte di cittadini italiani, la proposta di legge chiede quindi che al comma 6 dell’articolo 12 della legge 19 febbraio 2004, n. 40, sia aggiunto che «Le pene stabilite
dal presente comma si applicano anche se il fatto è commesso all’estero».
Gina Lo Piparo
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