Al 36° posto nell'elenco dei Paesi che limitano la libertà religiosa pubblicato da Open Doors, la Turchia sembra prendere di mira i cristiani protestanti per i visti.
Al 36° posto nell’elenco dei Paesi che limitano la libertà religiosa pubblicato da Open Doors, la Turchia sembra prendere di mira i cristiani protestanti per i visti.
Secondo Evangelical Focus, ai cristiani che lavorano in connessione con le chiese o le missioni è stato rifiutato il ritorno in Turchia in caso di viaggi all’estero.
Queste restrizioni possono passare inosservate se non vengono riportate dai funzionari dell’immigrazione o annotate da un viaggiatore attento. Infatti, un semplice timbro sul passaporto recante il codice N-28 può essere apposto in aeroporto quando un viaggiatore sta per lasciare il Paese. Ciò implica che è necessario rinnovare la domanda di visto per rientrare in Turchia. Questa richiesta è stata finora sistematicamente rifiutata ai cristiani protestanti interessati.
Secondo un ricercatore che lavora in Medio Oriente e in Nord Africa per Christian Solidarity Worldwide (CSW), circa 35 persone si sono trovate di fronte a questa misura di restrizione nel 2019 e altre 16 dallo scorso giugno.
Tra loro, come riportato su Evangelique.info, ci sono persone che hanno lavorato in Turchia per vent’anni e persino la moglie di un pastore, sposata con un turco, cittadina americana. Secondo Evangelical Focus, alla madre di tre figli è stato rifiutato il rinnovo del visto, cosa che costringerebbe l’intera famiglia all’esilio.
Queste misure mirano a fare pressione sulla minoranza protestante privandola dell’apporto formativo e teologico degli stranieri che lavorano al suo fianco. «Li priverà del sostegno e li farà sentire ancora più isolati e abbandonati», ha affermato il ricercatore.
La Turchia, che si presenta come un Paese aperto alla libertà religiosa, pratica una politica restrittiva e insidiosa nei confronti dei cristiani stranieri.
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