Attraverso una lettera aperta, le attiviste dell'associazione «Se non ora quando» invitano i legislatori a modificare la terminologia impiegata nella legge
«Abbiamo scritto una lettera ai firmatari delle varie proposte di legge, ora riunite in un testo unico chiedendo loro una riflessione sulla terminologia utilizzata, che suscita ambiguità».
Lo ha affermato Francesca Izzo, storica attivista del movimento femminista «Se non ora quando», descrivendo le loro iniziative per impedire l’approvazione del Ddl Zan – Scalfarotto che introduce il reato di omotransfobia.
IL GENDER E LE SUE CONTRADDIZIONI
«È il gender, ovvero l’espressione ‘identità di genere’ che è una questione molto controversa. Le donne – spiega Francesca Izzo – in tutto il loro processo di liberazione e di uscita da una condizione di oppressione sociale hanno messo in discussione il genere che veniva loro assegnato e che le poneva in condizione di subalternità. Con questa espressione si sostituisce l’identità basata sul sesso con un’identità basata sul genere dichiarato. Come scriviamo nella lettera, attraverso ‘l’identità di genere’ la realtà dei corpi – e in particolare quella dei corpi femminili- viene dissolta. Il sesso non si cancella».
«Chiamiamo le cose con il loro nome – sottolinea Francesca Izzo – orientamento sessuale va bene, ma è meglio nominare esplicitamente la ‘transessualità’ piuttosto che ‘l’identità di genere’. Se si parte dall’assunto che definire le differenze discrimina chi non rientra in quella categorie, le conseguenze possono essere anche grottesche. Le differenze vanno riconosciute e nessuno deve essere discriminato, ma non vogliamo cancellare il fatto che ci siano donne e uomini».
IN LINEA CON J.K. ROWLING, AUTICE DI HARRY POTTER…
«Abbiamo citato J.K. Rowling esplicitamente nella nostra lettera. In Francia – spiega Izzo – lo scorso autunno è scoppiato il caso della filosofa Sylviane Agacinski estromessa dalla comunità accademica perché contraria alla maternità surrogata. In Italia è di poco più di un mese fa la richiesta avanzata da alcuni circoli Arci alla presidenza di espellere l’Arcilesbica perché sostiene che le donne trans non sarebbero da considerarsi per la loro identità di genere, ma per il sesso biologico. Mi sembra assurdo che usare il termine ‘donna’ sia diventato discriminatorio».
UN CAPITOLO CONTRO LA MISOGINIA
«Mi è sembrato curioso – spiega in conclusione Francesca Izzo – che tutto quello che riguarda le donne, dallo stalking al femminicidio, abbia trovato posto in una legge che difende le persone omosessuali e transessuali. Le donne non sono una categoria, ma la metà del genere umano».
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Gabriele Giovanni Vernengo