Gli standard delle linee guida di alcuni paesi non diminuiscono i rischi. Ricerche danesi dichiarano una riduzione del rischio diabete.
Uno studio pubblicato di recente sul consumo di alcolici ha scoperto che anche i bevitori moderati sperimentano un tasso di mortalità e di ricoveri ospedalieri più elevato, rispetto a quelli che bevono meno o si astengono.
I ricercatori, guidati dal professor Adam Sherk dell’Università di Victoria, nella Columbia Britannica, in Canada, hanno recentemente esaminato le linee guida sul bere sicuro nel Paese nordamericano, arrivando alla conclusione che il bere sia all’interno, che al di sopra delle linee guida nazionali, comportava seri rischi per la salute, sia per gli uomini che per le donne.
«Nonostante il livello relativamente alto di queste linee guida, i bevitori che aderiscono a questi limiti sono stati ancora esposti ad un aumento dei ricoveri ospedalieri per entrambi i sessi e un aumento della mortalità negli uomini. Se le linee guida nazionali sul bere si basano sull’allineamento dei rischi tra bevitori e astenuti, il nostro studio suggerisce limiti di circa 12 g al giorno per gli uomini e 17 g al giorno per le donne».
Lo studio ha spiegato che molti paesi hanno linee guida per il consumo di alcolici a basso rischio (LRDG) con standard nordamericani generalmente più elevati rispetto ad altre regioni.
«L’aderenza alle linee guida non ha eliminato i danni causati dall’alcol: chi beve all’interno delle linee guida ha comunque registrato 140 morti in più e 3.663 ricoveri ospedalieri in più rispetto a chi ha scelto di astenersi dall’alcol», hanno dichiarato i ricercatori. «Un’analisi ponderata del rischio relativo ha rilevato che sia per le donne che per gli uomini, il rischio era più basso a un livello di consumo di 10 g al giorno. Per tutti i livelli di consumo, gli uomini hanno riscontrato un rischio relativo ponderato più elevato rispetto alle donne».
Lo studio si è incentrato sulla British Columbia e si è basato sui dati raccolti nel 2014 dal Canadian Institute for Health Information’s Discharge Abstract Database e dal Canadian Substance Use Exposure Database.
I ricercatori hanno notato che un limite del loro studio era che «la stima delle lesioni acute basata sul consumo medio settimanale presenta una potenziale fonte di imprecisione», notando che «qualcuno che beve sette bevande a settimana potrebbe berne una al giorno o sette il sabato sera. Di conseguenza è possibile che il nostro approccio sopravvaluti o sottovaluti la prevalenza del consumo di alcolici all’interno delle linee guida settimanali», hanno aggiunto. «Questo porterebbe a una maggiore o minore proporzione di danni per coloro che bevono all’interno delle linee guida. Quindi, questi risultati dovrebbero essere interpretati con una certa cautela».
Ricerche danesi
Nel corso degli anni, la ricerca scientifica ha offerto prove contrastanti sul fatto che il consumo di alcol, anche in quantità moderata, sia benefico per la salute. Ad esempio, uno studio del 2017 di ricercatori danesi ha concluso che bere alcolici tre o quattro giorni alla settimana riduce il rischio di diabete rispetto a chi beve alcolici una volta alla settimana.
«I nostri risultati suggeriscono che la frequenza del consumo di alcol è associata al rischio, e che il consumo di alcol per tre o quattro giorni alla settimana è associato al più basso rischio di diabete, anche dopo aver preso in considerazione il consumo medio settimanale di alcol», ha detto il Professor Janne Tolstrup dell’Università della Danimarca meridionale.
Terzo studio
Un terzo studio del 2017, riportato dalla società BMJ ha trovato che bere alcolici, anche in livelli moderati aveva «esiti cerebrali negativi tra cui l‘atrofia dell’ippocampo». E continua: «La constatazione che il consumo di alcol in quantità moderata è associato a marcatori multipli di struttura cerebrale anormale e funzione cognitiva ha importanti implicazioni potenziali di salute pubblica per un ampio settore della popolazione», ha concluso lo studio. «L’alcol potrebbe rappresentare un fattore di rischio modificabile per il deterioramento cognitivo, e gli interventi di prevenzione primaria mirati a una vita più avanzata potrebbero essere troppo tardi».
Fonte: The Christian Post
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