DDL contro l'omotransfobia. Il commento del monsignor Antonino Raspanti, vicepresidente della CEI.
«Niente conflitti ideologici o barricate. Riconosciamo che in passato iniziative e strategie di questo genere sono state portate avanti anche dai cattolici ma ora vogliamo solo un confronto intellettualmente onesto».
Questo è quanto dichiara in un’intervista a La Stampa, il monsignor Antonino Raspanti, vescovo di Acireale e vicepresidente della Conferenza Episcopale Italiana, a proposito della posizione della Cei sulle proposte di legge contro l’omotransfobia.
«Ci sono già le leggi su misura, vengono applicate e in moltissimi casi sono stati condannati atti e proclami discriminatori. Non c’è un vuoto legislativo», sottolinea. «La via legislativa che abbiamo letto nei ddl – prosegue – ci lascia perplessi e non ci sembra la strategia efficace mentre mette a rischio la libertà fondamentale di espressione e opinione».
E continua: «Sono cinque i ddl e non tutti dicono la stessa cosa e non sappiamo quale sarà privilegiato. Altri hanno dichiarato elementi che sostanziano le nostre apprensioni. Potrà bastare che una persona dica che i bambini hanno bisogno di una mamma e un papà, e sarà imputabile di discriminazione con tutte le conseguenze di quello che sarà un vero e proprio reato».
Che cosa c’è in gioco? «La libertà educativa, in particolare delle famiglie», risponde Raspanti. E a chi grida all’oscurantismo e all’omofobia della Chiesa, replica: «La nostra nota mi sembra rispettosa e con una chiara volontà di dialogo e riflessione leale». Sull’atteggiamento della Chiesa verso il mondo Lgbt+, aggiunge: «La fotografia dell’esistente è a chiaroscuri. Ci sono preti e parrocchie accoglienti, rispettosi e dialoganti. Purtroppo si registrano gruppi cattolici più ostili e chiusi. Ciò che stride sono gli atteggiamenti ‘Pride‘, da tutte le parti, anche ecclesiastica. Non mi riferisco alle giornate dedicate, ma all’orgoglio: questo atteggiamento disturba una possibile serenità nella dialettica» (LR).
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