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Proteste antirazziste, in Europa statue abbattute e vandalizzate dai manifestanti

Lilia Ricca

Proteste antirazziste, in Europa statue abbattute e vandalizzate dai manifestanti

mercoledì 10 Giugno 2020 - 21:04
Proteste antirazziste, in Europa statue abbattute e vandalizzate dai manifestanti

Succede in Inghilterra, Belgio e Martinica. "La rabbia è rivolta a uomini il cui ruolo è spesso chiaroscuro".

Il vento di richiesta di maggiore giustizia razziale ha raggiunto l’Europa, dove i gruppi di protesta stanno abbattendo monumenti storici alla gloria di personaggi contesi. In Inghilterra, in Belgio e più lontano, in Martinica, diverse statue sono state vandalizzate da manifestanti antirazzisti.

In un’intervista a La Croix, Dominique Taffin, direttore della Fondazione per la Memoria della Schiavitù, fa luce su questi atti di vandalismo e sulla messa in discussione di una storia considerata troppo di parte. «Queste azioni spettacolari testimoniano una forma di esasperazione di fronte a monumenti che riflettono una storia inequivocabile e onorano personalità controverse», commenta. «La rabbia dei manifestanti è rivolta a uomini il cui ruolo è spesso chiaroscuro».

Statua di W.Churchill a Londra

In Martinica, la distruzione della statua di Victor Schloechler ha suscitato una reazione di rammarico da parte della Fondazione per l’abolizione della schiavitù. «Sicuramente credeva nella colonizzazione civilizzatrice, ma era soprattutto un grande abolizionista», difende il suo direttore. Al contrario, riconosce che i libri di storia tacciono sul lato oscuro di grandi personalità come Colbert, l’indiscusso statista, ma autore del Codice nero che istituzionalizzava la schiavitù. La mancanza di riconoscimento per le ferite ma anche il ricco contributo delle popolazioni indigene nella storia della Francia dovrebbe essere compensata, secondo il direttore della Fondazione, che accoglie con favore la decisione del governo francese di erigere un memoriale per le vittime della schiavitù nei giardini delle Tuileries.

«Per noi l’importante non è rimuovere i monumenti o cambiare i nomi delle strade, ma aprire il dibattito, mettere le cose in prospettiva. Solo il dialogo avrà una virtù pedagogica e permetterà la pacificazione piuttosto che un confronto violento dei ricordi. L’intero lavoro di svelare un passato latente deve essere fatto», aggiunge. «Pensare alla schiavitù solleva interrogativi, ad esempio, sul lavoro dei bambini che fanno alcuni dei nostri abiti in paesi lontani, ma anche sulle radici storiche del razzismo di oggi», ricorda Dominique Taffin, la cui Fondazione intende moltiplicare le iniziative volte a lavorare sulla memoria e sull’informazione.

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