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DDL Scalfarotto, omofobia è un termine assolutamente improprio

SilvanaDeMari

DDL Scalfarotto, omofobia è un termine assolutamente improprio

mercoledì 10 Giugno 2020 - 11:10
DDL Scalfarotto, omofobia è un termine assolutamente improprio

Gli psico reati della nostra epoca sono fondamentalmente cinque. La violazione di questi dogmi può già portare in varie parti del mondo a sanzioni civili o penali e fa uscire dalla società civile:

  • Omofobia;
  • Transfobia;
  • Islamofobia;
  • Migrante è bello: gli immigrati sono tutti belli e buoni. Pamela si è suicidata e Desirè pure.
  • Il clima cambia per colpa dell’uomo, la nostra casa è in fiamme, Greta è un genio.

Lo psico reato per eccellenza è l’omofobia.

  • Omofobia. Dogma l’omosessualità è genetica, fisiologica e irreversibile. La cosiddetta omosessualità non è genetica è reversibile e presuppone l’uso improprio del tubo digerente moltiplicandone le patologie ed esponendo a un aumento delle malattie sessualmente trasmissibili, da 20 volte a 140 volte di più secondo gli studi, e non può essere considerata fisiologica.

Il termine omofobia è un termine improprio, un neologismo, che non indica persecuzione, ma il semplice provare ripugnanza davanti al comportamento omosessuale. Anche la Bibbia, Gesù Cristo che spesso cita la distruzione di Sodoma, San Paolo, Tutti i dottori della Chiesa e soprattutto Santa Caterina da Siena condannano l’omosessualità.

Per la cronaca: condannano anche gli adulteri, ma quelli non fanno pride e non si sono offesi. Se passa la legge sull’omofobia, nessuno si faccia illusioni, salta il cristianesimo. La liberà di alcuni di vivere come vogliono, libertà che nessun vuol limitare, non può imbavagliare la libertà di altri di disapprovare quel comportamento, che non è né genetico né irreversibile..

Il DDL Scalfarotto prevedeva fino a sei anni di prigione, per omofobia, e lo stesso vale per la proposta Zan.

L’omofobia e la transfobia sono il crimine assoluto. Sei anni sono più che per uno stupro che può cavarsela con cinque se non ci sono aggravanti. Omofobia non vuol dire aggredire una persona che si dichiara omosessuale: per quello che sono già ottimi articoli del codice penale.  La parola “omofobia” dovrebbe indicare la disapprovazione della cosiddetta omosessualità, e per questo quindi c’è una penale pena maggiore che per uno stupro. L’omosessualità quindi è sacra, non può essere disapprovata. In realtà la legge non specifica che cos’è la cosiddetta omofobia.

Non lo specificano le due proposte di legge italiane e non specificano le leggi già approvate e operanti all’estero. Quindi c’è un reato, ma non è specificato in che consista. Chi decide che cosa rientra nel reato? In Gran Bretagna la legge dichiara che può essere punita per omofobia qualsiasi dichiarazione venga percepita come tale, quindi decide il movimento LGBT e la sua squadra di avvocati. Dichiarare che omosessuali non si nasce e che l’omosessualità è reversibile è considerato omofobia? Certo: coloro che lo affermano in Gran Bretagna, Stati Uniti adesso anche Germania possono essere incriminati Dichiarare che un bambino ha bisogno di papà e mamma è omofobia? Certo che lo è. In USA, patria del diritto ai bei tempi di Obama chi lo dichiarava perdeva il posto se era un dipendente pubblico.

La legge sull’omofobia potrebbe mettere un bavaglio anche a chi osa criticare la nuova schiavitù del terzo millennio le donne che vendono gli ovuli, a costo di gravissimi danni alla loro salute, le donne che porta la gravidanza per altri, a costo di gravissimi danni da loro salute, al costo di una ferita insanabile nella loro anima.
Nel frattempo che passi la legge sull’omofobia, riporto le Linee guida ai giornalisti. I giornalisti non possono parlare liberamente delle tematiche LGBT.

Linee guida in tema di omofobia, iniziativa dell’UNAR, l’Ufficio Nazionale contro le discriminazioni razziali, e dell’Ordine dei giornalisti. In realtà l’UNAR non dovrebbe occuparsi di persone con comportamento omosessuale, perché queste persone non costituiscono un gruppo etnico Gli ebrei sono un gruppo etnico, gli armeni sono un gruppi etnico.

Gli ebrei nascono ebrei e muoiono ebrei, sono figli di ebrei e genitori di ebrei. Lo stesso per gli armeni. Il comportamento omosessuale è un comportamento che , come testimoniano gli ex gay, che sono molto più numerosi dei gay , come può essere appreso può essere abbandonato.

Come ricorda Richard Cohen, psicoterapeuta ex gay nel libro Riscoprirsi normali «Nessuno nasce con un orientamento omosessuale Non esiste alcun dato scientifico a sostegno dí una base genetica o biologica dell’attrazione verso individui dello stesso sesso. Nessuno sceglie di provare attrazione per individui dello stesso sesso. Tale attrazione è la conseguenza di traumi infantili irrisolti che conducono alla confusione dell’identità sessuale. Gli individui possono scegliere di cambiare e di passare da un orientamento omosessuale a un orientamento eterosessuale. L’attrazione per individui dello stesso sesso non è congenita. Ciò che si è imparato può essere disimparato. Quando le ferite vengono guarite e vengono colmati i bisogni insoddisfatti, si sperimenta l’identità sessuale e viene alla luce il desiderio eterosessuale».

Se l’UNAR si occupa di persone con comportamento omosessuale, vuol dire che la cosiddetta omosessualità sia comparabile a una razza, cioè congenita e immutabile. In realtà la cosiddetta omosessualità è un comportamento, un comportamento acquisito e reversibile. Che l’UNAR si occupi di omosessualità è una violazione gravissima.

Il 13 dicembre 2016 è stato pubblicato un documento, intitolato «Linee guida per un’informazione rispettosa delle persone LGBT». Si precisa subito infatti che i giornalisti che non si piegheranno dell’UNAR violeranno le norme deontologiche, per cui si può avere la denuncia all’Ordine dei Giornalisti.

  • Non confondere il sesso con il genere. Il sesso è una caratteristica anatomica, ma ognuno sceglie se essere uomo o donna «indipendentemente dal sesso anatomico di nascita».
  • Di fronte ai “Coming out” non si dovrà parlare di «gay esibizionisti” bensì  sottolinearne gli aspetti positivi come il coraggio di chi si rende visibile.
  • Considerare il termine “lesbica” un complimento.
  • Sempre in merito al “femminile”, se un transessuale si sente donna il giornalista deve scrivere «la trans» e non «il trans».
  • Non associare transessuali e prostituzione. E invece di parlare di prostitute o prostituti si usi piuttosto l’espressione «lavoratrice del sesso trans».
  • Educare i lettori ad una opinione benevola sul «matrimonio» omosessuale”, o su “altro istituto ad hoc per il riconoscimento dei diritti LGBT». L’idea base da inculcare è che «il matrimonio non esiste in natura, mentre in natura esiste l’omosessualità» mentre non vanno presi in considerazione «i tre concetti: tradizione, natura, procreazione», indizio di omofobia, sempre ricordando che il «diritto delle persone omosessuali ad avere una famiglia è sancito a livello europeo».
  • Vietato parlare di «matrimonio tradizionale» e, per contrasto di «matrimonio gay», traducendolo come «matrimonio fra persone dello stesso sesso»
  • Per l’argomento adozioni vietato sostenere che il bambino «ha bisogno di una figura maschile e di una femminile come condizione fondamentale per la completezza dell’equilibrio psicologico», un «luogo comune», smentito dalla «letteratura scientifica». Così come parlare di «utero in affitto», espressione «dispregiativa», da sostituire con la più elegante «gestazione di sostegno».
  • I conduttori televisivi quando nelle trasmissioni vengono trattati questi temi non sono obbligati al contraddittorio poiché «Non esiste una soglia di consenso prefissata, oggettiva, oltre la quale diventa imprescindibile il contraddittorio».
  • I fotografi nei loro reportages ai “Gay Pride” sono invitati a evitareimmagini di persone «luccicanti e svestite».

Chiunque affermi, per esempio, le tesi di Richard Cohen rischia sanzioni fino all’espulsione. Particolarmente tragico e lesivo sia della libertà che della verità è il punto 8: Per l’argomento adozioni vietato sostenere che il bambino «ha bisogno di una figura maschile e di una femminile come condizione fondamentale per la completezza dell’equilibrio psicologico», un «luogo comune», smentito dalla «letteratura scientifica». Che un bambino abbia bisogno di padre e madre non è un luogo comune e non è smentito dalla letteratura scientifica.

Il dolore dei figli privati della vera genitorialità è descritta in un libro dolente scritto dai protagonisti i figli di unioni omogenitoriali, che si definiscono figlio di un esperimento sociologico un esperimento fallito.

Il libro Jephthah’s Daughters – Innocent Casualties in the War for Family “Equality” (Le figlie di Iefte – Vittime innocenti nella guerra per la famiglia egualitaria), curato da Robert Oscar Lopez e Rivka Edelman (non ancora tradotto in italiano).

Il libro si avvale del contributo di ben tredici autori, per un totale di quasi 480 pagine, unite dal fil rouge della difesa dell’infanzia. Due degli autori sono forse noti al pubblico italiano. Una è Dawn Stefanowicz, autrice del libro Fuori dal buio – La mia vita con un padre gay (ed. Ares), l’altro è Jean-Pier Delaume-Myar, autore del libro Non nel mio nome – Un omosessuale contro il matrimonio per tutti (ed. Rubbettino).

Non si salvano, infine, neanche i fotografi. Il decimo comandamento li invita a fare attenzione a che cosa fotografano nei gay pride, evitando immagini di persone «luccicanti e svestite». L’obiezione secondo cui se chi partecipa ai gay pride non si svestisse, non correrebbe il rischio di essere fotografato nudo non sembra essere venuta in mente dei redattori del testo.

Ora il ddl Zan Scalfarotto rilancia tutto questo in peggio equiparando qualsiasi perplessità sulle istanze LGBT a una forma di razzismo: in questa equiparazione c’è la doppia menzogna, che l’orientamento sessuale sia genetico e immodificabile. È invece un comportamento, un comportamento biologicamente perdente che può essere abbandonato, un comportamento fortemente criticato nelle Scritture perché è non congenito, biologicamente perdente e modificabile.

Silvana De Mari

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