Ottava notte di proteste negli Usa. L'appello di uno dei nipoti dell'uomo ucciso lo scorso 25 maggio a Minneapolis.
«Non fermatevi fino a che non ci sarà giustizia per mio zio», dichiara uno dei nipoti di George Floyd rivolgendosi alle oltre 60.000 nella città di Houston nell’ottava notte consecutiva di proteste nate per chiedere giustizia per la morte dell’afroamericano ucciso da un agente di polizia il 25 maggio a Minneapolis.
Dopo notti di scontri che hanno registrato tre morti e oltre 4000 arresti, i cortei del 2 giugno sono stati pacifici nonostante in molti abbiano violato il coprifuoco imposto in oltre 40 città. A Washington e ad Atlanta sono stati registrati lanci di lacrimogeni e tafferugli. Nei giorni passati si è unito anche il collettivo di hacker “Anonyomous” che dopo circa tre anni di inattività ha condotto un attacco informativo bloccando per ore i siti della Polizia di Minneapolis e di Chicago.
Donald Trump è sempre più al centro delle polemiche. Tra le critiche, la decisione di deporre una Bibbia ai piedi di una storica chiesa di Washington data alle fiamme durante gli scontri. Dal vescovo Micheal Curry, che presiede la diocesi della Chiesa episcopale della capitale, l’accusa di aver usato il tempio per «ragioni politiche e di parte».
«Non possiamo tollerare né chiudere gli occhi su qualsiasi tipo di razzismo o di esclusione e pretendere di difendere la sacralità di ogni vita umana», dichiara Papa Francesco a termine dell’udienza generale rivolgendosi ai fratelli e sorelle degli Stati Uniti e ammettendo di seguire con grande preoccupazione i dolorosi disordini sociali che stanno accadendo dopo la tragica morte di George Floyd. «Allo stesso tempo dobbiamo riconoscere che la violenza delle ultime notti è autodistruttiva e autolesionista. Nulla si guadagna con la violenza e tanto si perde», conclude il Pontefice.
Lilia Ricca
LEGGI ANCHE: George Floyd, l’esito dell’autopsia privata.