Il 28 febbraio scorso Saleem Masih, un ragazzo pakistano di 22 anni, è morto a causa delle percosse subite da un gruppo di musulmani che lo hanno visto pulirsi in un pozzo.
Di ritorno dai campi, il 28 febbraio scorso, Saleem Masih si è fermato per qualche istante a lavarsi in un pozzo, a Kasur, nella provincia del Punjab, in Pakistan.
Un gruppo di uomini musulmani dapprima lo ha insultato, definendolo «sporco cristiano» e accusandolo di «inquinare l’acqua». Poi, gli hanno legato i piedi e le mani e lo hanno picchiato con bastoni e spranghe.
Saleem è morto in ospedale, dopo due giorni di ricovero in ospedale, come raccontato dal quotidiano Pakistan Today. Il padre, Ghafoor Masih, informato quattro ore dopo l’aggressione, ha denunciato gli agenti di polizia che erano presenti ma che non hanno fatto nulla.
Come riportato su Infomediachrist.com, il primo ministro pakistano Imran Khan, appreso l’evento, ha commentato così: «Chiunque in Pakistan attacchi i nostri cittadini non musulmani o i loro luoghi di culto sarà trattato severamente».
Ejaz Alam Augustine, l’attuale ministro del Punjab per i diritti umani e delle minoranze, ha dichiarato con veemenza che saranno prese misure severe contro i colpevoli e gli ufficiali di polizia coinvolti.
Anche la Chiesa ha reagito. Padre Qaisar Feroz, segretario esecutivo della Commissione episcopale per le comunicazioni sociali, ha esclamato: «Questo atto di discriminazione e pregiudizio rivela la massima intolleranza di coloro che sono coinvolti nell’assassinio di giovani cristiani».
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