Niente funzioni religiose pubbliche in Corea del Sud. A deciderlo, per la prima volta in 236 anni di presenza nel Paese asiatico, è stata la Chiesa Cattolica.
Niente funzioni religiose pubbliche in Corea del Sud. A deciderlo, per la prima volta in 236 anni di presenza nel Paese asiatico, è stata la Chiesa Cattolica. L’obiettivo? Combattere la diffusione del Coronavirus.
Questa misura è stata condivisa da tutte le 16 diocesi sudcoreane. La prima a prendere le dovute precauzioni è stata la citta di Taegu, quarta del Paese, uno dei focolai del virus e che conta il 60% dei 1.261 casi accertati di infezione a livello nazionale. Finora i morti sono 12.
Solo oggi, proprio a Taegu, sono stati accertati 134 casi. Molti sarebbero riconducibili ai membri della Chiesa di Gesù Shincheonji, una setta religiosa che conta circa 200mila seguaci e 74 chiese nel paese.
Il governo ha decretato Daegu e l’area circostante «zona a gestione speciale per le malattie infettive». Il viceministro della Salute sudcoreano, Kim Kang-lip, ha dichiarato che il governo sta adattando le procedure di quarantena e prevenzione per far fronte al nuovo scenario di emergenza. Il ministero ha inviato altri 24 medici a Daegu, e sta aumentando i presidi cittadini per il rilevamento del virus.
Oggi un primo militare statunitense in Corea del Sud è risultato positivo al coronavirus. La scorsa settimana il numero dei contagi da Coronavirus in Corea del Sud si è quintuplicato in soli tre giorni.
Gabriele Giovanni Vernengo
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