Violentata e picchiata per essersi rifiutata di sposarsi e di essersi convertita all’Islam. La terribile storia di Sneha.
Violentata e picchiata per essersi rifiutata di sposarsi e di essersi convertita all’Islam. La terribile storia di Sneha.
Sneha ha solo 14 anni, vive a Lahore, frequenta la Franciscan Girls High School e, purtroppo, conosce già l’orrore della persecuzione dei cristiani in Pakistan.
A picchiare ripetutamente la giovane mentre andava a scuola è stato un mussulmano, Zeeshan. Un giorno di metà gennaio Zeeshan l’ha spinta con forza nella sua automobile. Ad aspettarla c’erano sei uomini che l’hanno picchiata. Sabir Masih ha denunciato la scomparsa alla polizia.
Cinque giorni dopo, la polizia ha trovato la ragazza e l’ha restituita ai suoi genitori. Tuttavia, i suoi aggressori sono ancora liberi. La famiglia di Sneha, continuamente minacciata, è stata protetta dalle Ong cristiane pakistane a seguito delle minacce contro di loro per chiedere che la denuncia venisse annullata. Sono numerosi i rapporti internazionali che documentano questi rapimenti e conversioni forzate all’Islam. Tra questi, uno proprio recente del 2019.
«La conversione e i matrimoni obbligatori delle giovani donne indù e cristiane all’Islam, spesso attraverso il lavoro forzato, rimangono dei problemi costanti che persistono nel tempo. Diverse istituzioni indipendenti, tra cui la Commissione nazionale per la giustizia e la pace e la Commissione per i diritti umani del Pakistan, riconoscono che ogni anno circa mille giovani donne si convertono forzatamente all’Islam; molte vengono rapite, forzatamente sposate e violentate. Le donne indù e cristiane sono particolarmente vulnerabili a questi crimini a causa dell’emarginazione sociale e della mancanza di protezioni legali per le minoranze religiose, combinate con una società profondamente patriarcale e norme culturali».
Sneha è potuta tornare alla famiglia d’origine, questo non è stato possibile per Huma, anche lei 14enne. La polizia, infatti, ha appena scoperto l’ufficializzazione Abdul, il suo aggressore.
Gabriele Giovanni Vernengo