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Il monito del parroco di Baghdad: «L’Iraq? Ancora oggi territorio di una continua guerriglia»

Gabriele Giovanni Vernengo

Il monito del parroco di Baghdad: «L’Iraq? Ancora oggi territorio di una continua guerriglia»

martedì 11 Febbraio 2020 - 12:03
Il monito del parroco di Baghdad: «L’Iraq? Ancora oggi territorio di una continua guerriglia»

Nonostante l’Isis sia stata sconfitta, la situazione non migliora

«L’Iraq non è uno stato sicuro», lo denuncia don Nadheer Dako, guida spirituale della Chiesa di San Giuseppe a Baghdad, che ha evidenziato le sue paure per il futuro dei cristiani iracheni tramite un’intervista rilasciata al sito online The Telegraph. Lo stato islamico è già stato sconfitto da anni, tuttavia la situazione da quelle parti rimane tragica.

LA CHIESA SI E’ SVUOTATA

Una volta, la parrocchia della capitale irachena contava 5mila famiglie di fedeli, oggi ce ne sono appena 150.

«Non c’è pace – hanno commentato alcuni cristiani che hanno abbandonato la comunità – legge o giustizia qui a Baghdad».

Un parrocchiano, Nasib Hana Jabril, ha affermato che la vita per i cristiani (continuamente minacciati) era diventata troppo dura.

«È vero – ha affermato Nasib Hana Jabril nel corso di un’intervista – che non vengono rapite così tante persone come una volta e che  lo Stato islamico non c’è più. Ma, è pure vero, che il paese è ormai devastato. Noi vogliamo un futuro migliore, non tanto per noi, ma soprattutto per i nostri figli. Qui non siamo aiutati da nessuno».

L’IRAQ? TRA I PAESI NEL MIRINO TERRORISTICO

Nella classifica, redatta da Porte Aperte, dei 50 Paesi in cui i cristiani sono maggiormente perseguitati, l’Iraq è al 15esimo posto. «Nonostante in Iraq l’Isis sia stata sconfitta – spiega Porte Aperte – la società  irachena è stata influenzata dalla mentalità terroristica. Molti militanti si sono alleati a dei cittadini comuni. Un’altra minaccia per i cristiani è rappresentata delle milizie sciite, forze militari, che, una volta scacciata l’Isis, hanno preso autorità, conquistando con violenza nuovi territori».

Gabriele Giovanni Vernengo

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