Stanchi di un governo pressoché assente, i cristiani della Nigeria hanno marciato, dopo tre giorni di digiuno, per difendere i propri diritti.
Stanchi di un governo pressoché assente, i cristiani della Nigeria hanno marciato, dopo tre giorni di digiuno, per difendere i propri diritti.
‘Basta spargimenti di sangue’, ‘Tutte le anime sono preziose per Dio’, ‘Diciamo no al terrorismo’, ‘Ogni vita conta’: i cristiani della Nigeria non ce la fanno più e hanno deciso di scendere per le strade del Paese manifestando pubblicamente il proprio dissenso verso un governo che li lascia morire nell’ombra.
L’uccisione del pastore Lawa Andimi per mano dei terroristi di Boko Haram è stata certamente la goccia che ha fatto traboccare il vaso; un vaso ormai ricolmo di dolore e sofferenza. È a seguito della sua decapitazione, infatti, che CAN – Associazione Cristiani della Nigeria – ha indetto un digiuno di tre giorni con l’obiettivo di pregare per la dura persecuzione vissuta dai cristiani del luogo. A conclusione, il corteo che ha chiesto a gran voce l’intervento del presidente Buhari.
Grandissima l’adesione delle chiese nigeriane, tra cui anche la Redenta Chiesa Cristiana di Dio di Lagos, una delle più grandi al mondo. CAN stima che domenica 2 febbraio abbiano marciato complessivamente circa 5 milioni di persone in 28 dei 36 stati della Nigeria.
«Sebbene abbiamo protestato in precedenza, questo evento ha assunto una nuova dimensione», ha dichiarato il presidente dell’Associazione Samson Ayokunle a Christianity Today -. Con una sola voce, abbiamo detto ‘no’ alle uccisioni,’no’ alla negligenza della sicurezza e ‘no’ alla persecuzione dei cristiani in Nigeria. È una sveglia al governo».
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La manifestazione non è rimasta entro i limiti delle strade, tuttavia; gli incisivi slogan sono stati divulgati anche attraverso i social chiedendo l’adesione virtuale dell’opinione pubblica attraverso la condivisione con gli hashtag #CANagainstbloodshed e #NOtokillings.
Si stima che, solo nel mese di gennaio, i morti uccisi dalla mano di Boko Haram o dei fulani siano un centinaio. Il forte sospetto è che gli assalitori agiscano pressoché indisturbati grazie all’appoggio governativo.
La situazione è tale che diversi leader cristiani hanno sentito l’esigenza di scendere in campo: Obed Dashan, vicepresidente del Consiglio della Chiesa di Cristo nelle Nazioni ( COCIN) – denominazione che conta circa 8 milioni di membri -; Benjamin Kwashi, arcivescovo anglicano di Jos e segretario generale di GAFCON; Soja Bewarang, presidente dei capi delle denominazioni delle chiese nello stato di Plateau.
«Sono dovuti uscire, perché vedono lo spargimento di sangue diventare un evento quotidiano – ha dichiarato Ayokunle -. La maggiore partecipazione è dovuta a una maggiore frustrazione».
Lo stesso pastore Adeboye, solitamente astenutosi da questo genere di manifestazioni, non è potuto rimanere in silenzio, tra il plauso dell’opinione pubblica. L’ex senatore Shehu Sani ha, infatti, dichiarato su Twitter: «È encomiabile che il pastore Adeboye sia finalmente sceso dalla barriera di cautela, moderazione e neutralità e stia conducendo una marcia contro l’insicurezza. La protesta dà ali e ruote alle preghiere».
Approvazione anche da parte degli attivisti per i diritti umani.
«Vedi il numero di persone che sono uscite per protestare con il pastore Adeboye. Un giorno molti realizzeranno che essere ricordati per essere in piedi contro l’ingiustizia è meglio dei jet privati delle decime! Martin Luther King nella mia mente», ha scritto Aisha Yesufu.
Gina Lo Piparo
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