È stato massacrato e poi accusato dalla polizia: la storia del pastore Jai Singh è testimonianza concreta di quanto giornalmente accade ai Cristiani dell’India.
È stato massacrato e poi accusato dalla polizia: la storia del pastore Jai Singh è testimonianza concreta di quanto giornalmente accade ai cristiani dell’India.
Nuovo assalto ai cristiani in India, ormai alla mercé di continue aggressioni in uno stato in cui nemmeno la polizia si preoccupa più di proteggerli. Il pastore Jai Singh si aggiunge alla lunga lista dei ministri di culto violentemente colpiti e offesi dagli estremisti indù: sequestrato per diverse ore, l’uomo è stato trascinato in diverse zone della regione, picchiato, insultato e poi consegnato alla polizia.
A dare la notizia InfoChrétienne – non sia mai che un media italiano ci informi su queste storie-, che riferisce che la chiesa curata dal pastore Jai Singh era già stata attaccata durante il periodo natalizio, quando i fedeli erano però riusciti a mandar via gli aggressori.
Il 5 gennaio, invece, l’assalto brutale è stato indirizzato direttamente al pastore, trascinato in una scuola a forza. Il racconto è straziante: «Mi hanno tenuto per il colletto e mi hanno trascinato fuori di casa. Mi hanno spinto a terra e non riuscivo a capire chi mi stesse prendendo a calci, colpendomi o colpendomi alla schiena. Mentre una folla enorme mi circondava, vedevo solo le loro mani e le scarpe che mi prendevano a calci. […] Hanno pronunciato disgustosi insulti di casta contro la mia fede e la mia comunità che non posso ripetere con la mia bocca. […] I miei occhi erano gonfi. C’era un forte sanguinamento sulla mia fronte. Anche gli altri membri che ci seguivano in moto e altri veicoli arrivarono a scuola e si alternarono per picchiarmi. Un gruppo di sei aggressori mi picchiava, dopodiché si sedettero e si rilassarono mentre il gruppo successivo di 5-6 continuava a battere. Stavo urlando per un dolore intenso e non ricordo per quanto tempo è durato».
Il pastore è stato condotto in un tempio e infine alla stazione di polizia, dov’è stato prontamente soccorso dagli agenti: «Mi hanno spogliato e buttato via il mio kameez [lunga tunica bianca]. Era sera quando mi hanno lasciato alla stazione di polizia di Gohana. Ero gravemente contuso e urlavo di dolore».
Tuttavia, l’intervento della polizia non è stato affatto salvifico per il pastore Jai Singh. Ricevute le prime cure, infatti, l’uomo è stato riportato alla stazione e poi davanti ad un tribunale, dove il trattamento riservatogli non è stato molto dissimile da quello dei bruti che l’avevano massacrato. Uomini in borghese hanno insultato pesantemente lui e la sua famiglia durante il viaggio verso il tribunale, dove gli è stata rivolta l’accusa di aver pagato alcuni indù affinché si convertissero al cristianesimo. Naturalmente, il pastore Singh ha obiettato di avere a stento il denaro per dar da mangiare ai suoi quattro figli.
Il 7 gennaio è stato rilasciato: incapace di stare in piedi, sdraiarsi o sedersi, ricoperto di lividi e dei segni lasciati dalle percosse, continua a temere quella che in India è ormai una realtà assodata. Come registrato già da tempo dalla World Watch List di Porte Aperte, infatti, nella regione si è ormai diffuso il costume di bruciare le chiese e di attaccare i pastori e le loro famiglie, stuprandone le moglie e facendo del male persino ai più piccoli. Nemmeno la storia di Jai Singh fa eccezione, i suoi figli e i suoi nipotini sono rimasti feriti nello scontro con gli indù.
Gina Lo Piparo
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