Le leggi rientrano nel "Regolamento in materia religiosa" entrato in vigore nel 2018.
Le leggi rientrano nel “Regolamento in materia religiosa” entrato in vigore nel 2018.
Sottomissione al Partito Comunista Cinese, obbligo di diffonderne i principi e le politiche, obbligo di educazione dei fedeli al sostegno del partito di Stato. Sono solo alcuni punti della nuova legge cinese che mira ad incrementare il controllo dei gruppi religiosi e diffondere il comunismo come unico credo riconosciuto.
Secondo quanto riportato da Asia news, le nuove misure completano il ‘Regolamento in materia religiosa’, rivisto due anni fa e attuato il 1° febbraio 2018, ed entreranno in vigore a partire 1° febbraio 2020. Le nuove misure comprendono sei capitoli e 41 articoli riguardanti l’organizzazione, le funzioni, gli uffici, la supervisione, i progetti e l’amministrazione economica di comunità e gruppi sia a livello nazionale che locale.
In base alle nuove regole, ogni aspetto della vita delle comunità religiose – dalla formazione, alle riunioni ai progetti annuali e quotidiani – è soggetto all’approvazione del dipartimento degli affari religiosi del governo. Inoltre, tutto il personale religioso è tenuto a sostenere, promuovere e attuare la sottomissione totale al Partito Comunista Cinese tra tutti i membri delle loro comunità.
In particolare, come riportato nell’articolo 5, «le organizzazioni religiose devono aderire alla guida del Partito comunista cinese, osservare la costituzione, le leggi, i regolamenti, le ordinanze e le politiche, aderire al principio di indipendenza e autogoverno, aderire alle direttive sulle religioni in Cina, attuare i valori del socialismo».
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Secondo l’articolo 17, invece, «le organizzazioni religiose devono diffondere i principi e le politiche del Partito Comunista Cinese, nonché le leggi, i regolamenti, le norme nazionali al personale religioso e ai cittadini religiosi, educando il personale religioso e i cittadini religiosi a sostenere la leadership del Partito comunista cinese, sostenendo il sistema socialista, aderendo e seguendo il percorso del socialismo con caratteristiche cinesi».
La legge stabilisce inoltre che «senza l’approvazione del dipartimento degli affari religiosi del governo popolare o la registrazione presso il dipartimento degli affari civili del governo popolare, nessuna attività può essere svolta in nome di gruppi religiosi».
Ancora un altro giro di vite, dunque, sulla restrizione della libertà religiosa e sul rispetto dei diritti umani in Cina, che nella World Watch List dell’organizzazione Porte Aperte vanta il 27° posto su 50 Paesi in cui è difficile essere cristiani.
«In pratica, la tua religione non conta più, se sei buddista, taoista, musulmano o cristiano: l’unica religione consentita è la fede nel Partito comunista cinese», ha dichiarato un sacerdote cattolico cinese.
In una lettera rilasciata il 31 dicembre, il China Human Rights Lawyers Group ha avvertito che sembra che la «Rivoluzione culturale» stia tornando in forma segreta in tutta la Cina.
«La libertà di parola di base – si legge nel testo – viene soppressa, le notizie sensibili sono vietate, le discussioni ideologiche nelle università vengono chiuse. Molte questioni relative al benessere sociale sono politicizzate e la censura di Internet è la norma. Lo stato dei diritti umani in Cina è in rapido declino. Le violazioni dei diritti umani nella frontiera cinese – continua la lettera – vengono criticate e condannate duramente da molti Paesi. I leader cinesi sembrano essere diventati nemici dei Paesi civili dall’oggi al domani. A quanto pare, non c’è davvero motivo di essere ottimisti mentre guardiamo la regressione della situazione dei diritti umani in Cina per tutto il 2019».
Nonostante l’oppressione, gli avvocati hanno esortato i sostenitori dei diritti umani e altri a continuare a compiere «gli sforzi più fondamentali per promuovere la causa dei diritti umani in Cina».
Naomi Mezzasalma
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