Duro affondo del leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, sul reddito di cittadinanza. La replica del Movimento 5 Stelle non s'è fatta attendere.
«Sappiamo, purtroppo, che 300mila giovani hanno dovuto lasciare l’Italia per cercare un lavoro adatto alle loro aspirazioni. Dobbiamo sapere che oggi in Italia esistono due milioni di ragazzi e ragazze che non studiano e non lavorano. Questo governo, invece di credere nel loro futuro e di offrire prospettive concrete, propone come unica soluzione il reddito di cittadinanza: una paghetta offensiva di 493 euro… E coloro che ricevono questi 493 euro non hanno trovato un posto di lavoro. Quindi, bisogna trovare delle soluzioni diverse».
Così Silvio Berlusconi, leader di Forza Italia, in un video messaggio postato sui social media.
E ha aggiunto: «Noi proponiamo la detassazione, cioè una fiscalità di vantaggio, per le aziende che investono e assumono giovani e, in relazione proprio ai giovani assunti, una detassazione e una decontribuzione dei contratti di lavoro: tre anni per i contratti di praticantato e i successivi tre anni per i contratti di primo impiego. Riteniamo che queste siano misure concrete che avranno dei risultati assolutamente efficaci».
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LA REAZIONE DEL MOVIMENTO CINQUE STELLE
«Vent’anni di berlusconismo in Italia e ha ancora il coraggio di parlare? Vent’anni di politiche economiche e del lavoro fondate sul precariato e continua a blaterare? Berlusconi invece di sparare a zero sul Reddito di cittadinanza abbia il buongusto di tacere e di lasciare lavorare chi sta cercando di far ripartire il Paese con misure e politiche del lavoro che l’Italia attendeva da tempo». Così in una nota i senatori del M5s in commissione Lavoro di Palazzo Madama.
«Invece di lanciare strali via social, faccia mea culpa – hanno aggiunto – ripensi agli effetti fallimentari delle leggi partorite dai suoi governi che hanno condannato intere generazioni di giovani al precariato. Ma soprattutto ci faccia un favore: stia zitto e lasci lavorare chi sta cercando di risanare gli effetti di quelle politiche e di quelle scelte che ancora pesano e che di certo non sono state in grado di ridurre i gap strutturali dell’economia italiana né le disuguaglianze sociali, che, al contrario, hanno contribuito ad amplificare».
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