Non solo pregiudizi e discriminazioni. Spesso all’origine del terribile fenomeno c’è il trattamento non adeguato della disforia di genere.
Non solo pregiudizi e discriminazioni. Spesso all’origine del terribile fenomeno c’è il trattamento non adeguato della disforia di genere.
Sono tra le categorie maggiormente a rischio suicidio, non importa in che Paese si trovino a vivere. I transgender, stando alle più recenti analisi statistiche, vivono, soprattutto in giovane età, una condizione di disagio tale da condurli alla terribile decisione dalla quale non sarà più possibile tornare indietro. E se la discriminazione ricopre certamente il suo ruolo, non è l’unico fattore scatenante di questo fenomeno che accomuna tutto l’Occidente.
Come riporta Notizie ProVita, una ricerca USA degli inizi del 2018 mostra un deciso incremento rispetto alla media nazionale del numero di suicidi tra gli uomini e le donne che hanno intrapreso il percorso di cure ormonali necessario al cambio del sesso biologico: rispettivamente il 42% e il 46% ha provato ad uccidersi almeno una volta. Percentuali altrettanto preoccupanti per i crossdresser (21% di quelli di sesso maschile, 44% di sesso femminile) e, in generale, per coloro che rientrano nella categoria ‘identità di genere variabile o incerta’, dove il 38% dei maschi e il 35% delle femmine ha provato a togliersi la vita.
Dato interessante è quello relativo all’età: solo il 16% dei transessuali che hanno superato i 65 anni ha tentato il suicidio, mentre tra i 18 e i 24 anni la percentuale sale al 44%. Un’osservazione curiosa, si diceva: d’altronde, oggi vi è sicuramente una maggiore apertura e accettazione rispetto al passato, quando la comunità lgbt era pesantemente vessata e viveva spesso nel silenzio. Ci si sarebbe aspettato forse di vedere questi numeri invertiti, invece la nostra moderna società assiste all’aumento rispetto al passato delle morti tra i più giovani.
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Anche la ricerca tutta italiana ‘Estimating the risk of attempted suicide among sexual minority’, realizzata a cura dell’Università Milano-Bicocca, consegna dati preoccupanti sulle ‘minoranze sessuali’: rifacendosi a 35 studi condotti su giovani e adolescenti, tra i 12 e i 20 anni, di dieci nazionalità diverse, il tasso di rischio di suicidio per le suddette minoranze è di tre volte e mezzo superiore rispetto a quello relativo ai coetanei eterosessuali. In cima, i transgender (5,77), dopo i bisessuali (4,87) e, infine, gli omosessuali (3,71).
Tra le cause di queste crude percentuali è possibile annoverare le modalità di trattamento della disforia e la somministrazione della triptorelina, il cosiddetto ‘farmaco blocca pubertà’: come dimenticare la storia di Jessica, la diciassettenne inglese vittima di un sistema spietato interessato solo al guadagno piuttosto che alla salute fisica e mentale delle persone alle quali rivolge le proprie prestazioni?
Supportata dai genitori, la ragazza si era rivolta ad una struttura che su pagamento ha iniziato a somministrarle il farmaco e le cure reputate necessarie ma che l’hanno letteralmente distrutta. L’unica soluzione che Jessica ha saputo trovare è stata quella di buttarsi sotto un treno, entrando a far parte dei numeri e delle statistiche di cui proprio oggi parliamo e avvertendoci sulle derive di un sistema che potrebbe sfociare in qualcosa di estremamente pericoloso – per non dire mortale – per l’umanità intera.
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