Le parole di Matteo Renzi in un'intervista a Repubblica. Ha parlato anche di prescrizione e fondazione Open.
«Per me la legislatura deve andare a scadenza naturale. E deve eleggere nel 2022 il Presidente della Repubblica. Ma senza aumentare le tasse o fare norme populiste, giudiziarie o economiche. Al 2023 arriveremo con le nostre idee, non grillizzati. Non saremo mai la sesta stella di Beppe, non ci iscriveremo alla piattaforma Rousseau».
Così Matteo Renzi in un’intervista a Repubblica.
«Se qualcuno vuole revocare la concessione ad Autostrade per la vicenda del ponte Morandi si presenti in Parlamento con un disegno di legge», ha dichiarato il leader di Italia viva. «Il Parlamento è sovrano: si discuterà e la maggioranza deciderà. Ma utilizzare il Milleproroghe aprendo un potenziale caos normativo e facendo crollare la fiducia degli investitori esteri sull’Italia è roba da azzeccagarbugli di provincia. Torniamo all’Abc: nel mille proroghe ci vanno le proroghe, non le brillanti intuizioni di qualche demagogo».
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Poi, il senatore toscano ha aggiunto che «la norma Bonafede sulla prescrizione è uno scandalo, entrato in vigore solo grazie ai voti di Salvini. Un processo senza fine è la fine della giustizia. Vedremo quali strumenti tattici utilizzare per risolvere il problema. Ma in Parlamento su questo tema oggi Bonafede è in minoranza: se propone una mediazione, bene. Altrimenti, si voti in Aula e vediamo come va. Noi tra il giustizialismo e lo stato di diritto sappiamo benissimo da che parte stare. Gli altri decideranno».
Infine, sulla vicenda della fondazione Open, Renzi ha detto: «Io non ho attaccato i pm. Ci sarà un processo, durerà anni, vedremo in Cassazione chi ha ragione. Questo non mi preoccupa. È il loro lavoro, li rispetto. Ho solo detto che i giudici devono decidere che cosa è un reato, non cosa è un partito. O una corrente di partito. Che la Leopolda non fosse una iniziativa di partito è una verità storica. Perché qui per me c’è una invasione di campo: un Paese che rimette ai giudici la decisione sulle forme della politica viene meno al principio della democrazia liberale. Mi danno tutti ragione in privato, poi tacciono in pubblico. Io non attacco i giudici, io difendo la politica: questione di stile».
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