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Endometriosi, in Sicilia si fa sul serio: cosa ci ha detto l’onorevole Figuccia

GinaLoPiparo

Endometriosi, in Sicilia si fa sul serio: cosa ci ha detto l’onorevole Figuccia

venerdì 20 Dicembre 2019 - 13:09
Endometriosi, in Sicilia si fa sul serio: cosa ci ha detto l’onorevole Figuccia

Col disegno di legge 621 la Regione Siciliana s’impegna nella lotta alla patologia: ecco come. Ne abbiamo parlato con l'onorevole Figuccia.

Col disegno di legge 621 la Regione Siciliana s’impegna nella lotta alla patologia, istituendo tra l’altro due poli di riferimento, a Palermo e Catania. Ne abbiamo parlato insieme all’on. Vincenzo Figuccia, deputato dell’Udc all’Ars.

Torniamo a parlare di endometriosi e lo facciamo con una buona notizia: l’anno che ha visto questa patologia saltare agli occhi dell’opinione pubblica per via dell’ignoranza ancora vigente su di essa, si chiude infatti con il via libera dell’Assemblea Regionale Siciliana al disegno di legge 621 relativo propriamente alle “disposizioni per la tutela e sostegno delle donne affette da endometriosi”. Sette articoli che rappresentano un bel passo avanti per la Sicilia, che s’impegna così a dare il proprio contributo alla lotta contro la patologia su diversi fronti.

A tal proposito abbiamo intervistato l’onorevole Vincenzo Figuccia, deputato dell’Udc all’Ars e leader del Movimento Cambiamo la Sicilia, che ha sottolineato il valore della conoscenza e di una corretta informazione al fine di superare le difficoltà che l’endometriosi in sé già comporta. Un aspetto fondamentale, emerso nell’intervista al dottor Pietro Giulio Signorile, Presidente della Fondazione Italiana Endometriosi, e di cui è emblema l’episodio che nelle scorse settimane ha visto quale protagonista la showgirl Carmen Di Pietro.

Proprio da qui, ha avuto inizio la nostra conversazione con l’onorevole Figuccia, che ha rimarcato il dovere all’informazione da parte di una donna, che oltretutto si muove nell’ambito della comunicazione: «Una personalità del calibro di Carmen Di Pietro, prima di parlare di un argomento così delicato, di una patologia che coinvolge 1 donna su 10, dovrebbe quantomeno essere informata. Dovrebbe farlo da donna, dovrebbe farlo da donna che si occupa di comunicazione, di informazione, e dovrebbe farlo, insomma, da cristiana».

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Vincenzo Figuccia.

L’onorevole prosegue: «Purtroppo la disinformazione è proprio una delle cellule in cui si annidano le difficoltà, le incongruenze di una società che invece probabilmente non tiene abbastanza conto delle differenze di genere. E devo dire che detto da una donna è ancora più grave. Forse probabilmente dietro un atteggiamento talvolta di eccessiva avanguardia, innovazione, perché no, di un femminismo esasperato, si finisce col voler far indossare alla donna emancipata un ruolo sempre più complicato, addirittura fino a negare le sue stesse prerogative. E questo credo sia problema, oggi, che a prescindere dagli aspetti sanitari attraverso i quali vanno affrontate anche le malattie invasive come nel caso dell’endometriosi, rappresenta una criticità anche sul piano sociologico».

Se espressioni come quelle della Di Pietro possono, infatti, essere prontamente contrastate proprio per il loro carattere pubblico ed eclatante, più difficile è aver a che fare con la quotidianità di donne che spesso restano a combattere nell’ombra: «Se una donna di successo come Carmen Di Pietro riesce a sottovalutare una fenomenologia, oltre che una patologia, così rilevante figuriamoci cosa può accadere nei contesti di lavoro, dove la disinformazione la fa da padrone ed una donna che convive con una difficoltà che spesso sfida sé stessa nel ruolo di mamma, di moglie, di lavoratrice, deve ulteriormente scontrarsi con muri di gomma fatti da disinformazione, demerito ed incapacità».

Proprio partendo da queste premesse, abbiamo chiesto da dove abbia preso le mosse il disegno 621: «Per quanto mi riguarda – risponde l’onorevole- prende le mosse dalla conoscenza della patologia, dal fatto che oggi è parecchio diffusa e che, quindi, in effetti è presente in molte famiglie, dall’opportunità che ho avuto inoltre di incontrare degli specialisti esperti di questo settore potendone riconoscere competenza ed eccellenza e, dunque, dal chiedermi perché non dovesse essere offerta la possibilità alle tante donne che purtroppo si confrontano con questo tema di poter affrontare nella loro terra, all’interno delle strutture sanitarie qui presenti, questo problema che poi coinvolge la vita familiare, oltre che personale, e lavorativa di ogni singola donna, persona, soggetto della società».

Da qui, il tavolo tecnico a cui diversi parlamentari hanno dato il proprio contributo: «Il testo ha trovato una trasversalità, questo è un buon segnale da parte della buona politica che quando le cose riguardano tutti, la popolazione, non possono esserci colori».

Nel corso di sette articoli, si diceva, il disegno stabilisce le attività che la Regione Siciliana s’impegna a rendere attive sul territorio per la promozione della conoscenza dell’endomtriosi, affrontandola non solo dal punto di vista sanitario ma anche da quello sociale e lavorativo. Si parla di prevenzione, diagnosi precoce, miglioramento delle prestazioni sanitarie.

L’art. 2 indica le prestazioni che la Regione potrà erogare in funzione della legge; l’art. 3 istituisce l’Osservatorio Regionale con compiti di monitoraggio, raccolta di dati statici e promozione all’Assessorato di campagne di sensibilizzazione col coinvolgimento anche dei consultori sanitari.

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Prevista anche l’istituzione di un Registro regionale sulla patologia, nonché di due centri per la diagnosi e la cura, uno presso l’ospedale Garibaldi di Catania, l’altro presso l’ospedale Civico di Palermo, dove opera già il dottor Antonio Maiorana, esperto in fatto di endometriosi e professionista di grande preparazione. Il disegno di legge prevede, inoltre, la collaborazione multidisciplinare tra professionisti di vari settori: non solo ginecologi specializzati, dunque, ma anche chirurghi, radiologi, infermieri, fisiatri, fisioterapisti, nutrizionisti, psicologi.

Per l’endometriosi si stima oggi un forte ritardo diagnostico, che si aggira attorno agli otto anni nei paesi europei; oltre alle difficoltà dovute alla malattia, sul dato incide non poco l’ignoranza della stessa che porta spesso a sottovalutarne i sintomi e ad agire in maniera poco tempestiva.

Non possiamo non chiedere, dunque, quali siano le iniziative di sensibilizzazione e formazione previste in tal senso dal ddl: «Come ogni attività di formazione e di sensibilizzazione bisognerà lavorare su due binari paralleli: da una parte c’è il coinvolgimento del personale sanitario, che ovviamente attraverso una attività di formazione, eventi, giornate specialistiche sul tema dovrà essere aggiornato ma anche sensibilizzato verso una patologia che magari non è così conosciuta. Spesso tra l’altro si interviene settorialmente e bisogna invece superare questo approccio settoriale per guardare ad un approccio sistemico e multidisciplinare che, attraverso la presenza di un’equipe multidisciplinare, consenta di fare anche un lavoro di gruppo, sistemico. Dall’altro, c’è il grande tema dell’attività di formazione e sensibilizzazione che deve coinvolgere la comunità a partire, perché no, dal mondo delle scuole e delle università, dove poter fare informazione significa anche poter fare prevenzione».

A questo scopo è stata istituita anche la Giornata Regionale dell’Endometriosi, fissata per il 9 marzo: «non casualmente il giorno successivo all’8 marzo – Giornata della donna – e che dovrà avere una valenza importante perché l’informazione possa raggiungere il maggior numero di donne possibile. Io personalmente, oltre al lavoro che dovrà essere fatto all’Assessorato Regionale perché la legge possa dare il prima possibile i suoi frutti e diventare operativa, penso già per la Giornata di mettere su una grande iniziativa di informazione attraverso la quale iniziare questo lavoro di sensibilizzazione proprio nella logica dell’esigenza di formazione».

E le tempistiche? Dopo i necessari passaggi amministrativi, l’onorevole ci assicura che non saranno lunghe: «Serve adesso che l’apparato burocratico non dorma, perché ogni giorno che passa ci sono donne che soffrono, donne che non abbiamo aiutato a vivere meglio. E, siccome la legge nasce proprio per venire incontro a questa finalità, penso che da subito, dal mese di febbraio, si cominceranno a vedere i primi risultati».

Gina Lo Piparo

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