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Uccise la compagna per gelosia, dimezzata la condanna in carcere

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Uccise la compagna per gelosia, dimezzata la condanna in carcere

giovedì 28 Novembre 2019 - 18:31
Uccise la compagna per gelosia, dimezzata la condanna in carcere

Quando, nel maggio 2017, Francesco Carrieri uccise la sua compagna era seminfermo di mente. Da qui la decisione del dimezzamento della condanna.

Quando, nel maggio 2017, Francesco Carrieri uccise la sua compagna era seminfermo di mente. Per questo motivo è stato condannato a 16 anni di reclusione e a tre anni di Rems (residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza) a pena espiata.

La sentenza è stata emessa dalla prima Corte d’assise d’appello di Roma, i cui giudici hanno riconosciuto per l’uomo la diminuente del vizio parziale di mente equivalente.

In primo grado Carrieri era stato condannato a trent’anni di reclusione per omicidio volontario aggravato dopo il processo con il rito abbreviato.

Francesco Carrieri, direttore di banca romano, il primo maggio del 2017 uccise la compagna Michela Di Pompeo, insegnante della prestigiosa Deutsche Schule, nella sua abitazione di via del Babuino, nel centro storico della Capitale.

Secondo l’accusa, al culmine di una lite l’uomo colpì la compagna con un peso da palestra uccidendola sul colpo. Fu lo stesso Carrieri, dopo l’arresto, ad ammettere la sua responsabilità. Secondo quanto si appre allora, Carrieri disse di avere colpito la compagna al culmine di una lite scaturita dal suo timore di essere lasciato solo.

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La vittima Michela Di Pompeo.

La vittima Michela Di Pompeo.

Nel processo di primo grado, la procura aveva spinto per l’attenuante della seminfermità mentale dell’imputato in relazione a un disturbo bipolare, misto a depressione, emerso durante le indagini ed evidenziato dai consulenti tecnici Stefano Ferracuti e Maurizio Marasco. Poi, però, il pm Pantaleo Polifemo aveva rivisto la sua posizione e sollecitato 30 anni di carcere perché Gianluca Somma, l’esperto nominato dal gup, si era espresso per la ‘capacità di Carrieri di intendere e di volere al momento del fatto’.

Perciò, quando Michela Di Pompeo fu assassinata, l’uomo era «lucido e vigile». In appello, invece, si è deciso di risolvere una volta per tutte il dilemma affidando l’incarico agli psichiatri Gabriele Sani e Massimo Di Genio, i quali, indagando sul passato dell’imputato, hanno individuati i primi sintomi depressivi nel periodo di separazione dalla moglie. Cui si sarebbero aggiunti problemi sul posto di lavoro.

La conclusione degli esperti è che Carrieri, quando uccise la sua compagna, «versava in condizioni tali da almeno grandemente scemare la capacità d’intendere e volere». E, grazie alle cure che ha sostenuto in carcere negli ultimi due anni, «si può escludere la pericolosità sociale in senso psichiatrico, a condizione che non interrompa la terapia».

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