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Cina, pastore sotto stretta sorveglianza: “tracciabile come la verdura”

Naomi Mezzasalma

Cina, pastore sotto stretta sorveglianza: “tracciabile come la verdura”

mercoledì 13 Novembre 2019 - 13:58
Cina, pastore sotto stretta sorveglianza: “tracciabile come la verdura”

Continuano le persecuzioni dei Cristiani in Cina. Un pastore ha raccontato di non potere più muoversi liberamente.

Continuano le persecuzioni dei Cristiani in Cina. Un pastore ha raccontato di non potere più muoversi liberamente.

«Tracciabile come la verdura al supermercato». Così si è definito un pastore in Cina, dove la Chiesa vive sotto un regime autoritario e persecutorio. L’uomo infatti è privo di spostarsi in piena libertà e ogni suo movimento viene tenuto sotto controllo da un software.

Jin (nome di fantasia) ministra una rete di chiese urbane e rurali sostenute da Porte Aperte, una missione che da oltre 60 anni si occupa di sostenere i cristiani perseguitati nel mondo. «È successo durante l’inverno del 2017-2018 – ha raccontato ai missionari – I cristiani nella nostra chiesa avevano organizzato un incontro per le persone che volevano saperne di più. All’improvviso è arrivata la polizia e ha arrestato l’intero gruppo. E come capo della chiesa locale, sono stato convocato alla stazione di polizia. Gli agenti avevano sicuramente ricevuto una soffiata. Ero a conoscenza dei loro servizi e ed era a me che per primo volevano dare una lezione per inviare un messaggio a tutta la chiesa».

Il pastore fu portato in carcere in stretto isolamento. «Sono stato detenuto per più di 10 giorni – ha continuato – senza comunicazione con la mia famiglia e i miei amici. Mi è stato chiesto più volte delle attività della chiesa e dei contatti all’estero. Sebbene i poliziotti non mi abbiano maltrattato, gli interrogatori e i sermoni politici non si sono mai fermati. L’isolamento in cella era spaventoso. Essere soli con i propri pensieri è una specie di tortura. Parli molto con te stesso e la tua mente inizia a farti brutti scherzi. L’ultimo giorno di prigione sapevo senza dubbio che, qualunque cosa fosse accaduta, avrei servito il Signore senza riserve. Ho dormito bene quella notte. E sono stato rilasciato il giorno successivo».

Fuori dal carcere, però, cominciò la stretta sorveglianza. «Ero libero ma bloccato in un database – ha dichiarato il pastore – sotto la stretta sorveglianza delle telecamere. Se vado in strada, vado in un centro commerciale o salgo su un treno, sono monitorato dal software di riconoscimento facciale. Sono riconoscibile e ‘tracciabile’ come verdura da supermercato. Tutto ciò di cui ho bisogno è il codice a barre!».

L’evento ha fortemente segnato la chiesa e il pastore Jin, che in questa esperienza è riuscito a cogliere un’occasione di crescita per entrambi. «Ora sono una persona diversa. Senza gli eventi degli ultimi due anni, il mio ministero si sarebbe ristagnato e la nostra chiesa non sarebbe mai cresciuta così – ha spiegato. – Alla fine del 2017 le cose stavano andando bene, eppure non ero soddisfatto. La chiesa cresceva lentamente, ma il desiderio di riunirsi per adorare, leggere la parola e pregare era stato tranquillamente messo in ombra dall’attrazione per il lavoro, il denaro e il divertimento. La vecchia passione non esisteva più. Era come essere cullati da un falso senso di sicurezza».

E intanto, il 1° febbraio 2018, il governo ha messo in atto misure restrittive per «guidare le chiese e adattarle alla società socialista», prevedendo un ritorno all’ideologia e alla retorica comunista, una logica di sicurezza con l’uso di telecamere di sorveglianza e la classificazione dei cittadini in base al loro comportamento.

«Non solo i cristiani sono cresciuti sotto questo calvario – ha concluso Jin – ma il clima politico è così opprimente che la differenza tra oscurità e luce è palese. Nessuno qui vuole l’oscurità. Vogliono tutti la Luce. La verità biblica e il rapporto con Gesù sono così importanti che la comunione fraterna è diventata come una fonte per anime assetate».

Naomi Mezzasalma