Scarse valutazioni preliminari e forti pressioni da parte del mondo LGBT: genitori scendono in campo per far sentire la propria voce a tutela dei minori.
Scarse valutazioni preliminari e forti pressioni da parte del mondo LGBT: genitori scendono in campo per far sentire la propria voce a tutela dei minori.
Un’associazione di genitori contro la «medicalizzazione forzata» di bambini che credono di essere nati in un corpo sbagliato.
Ne racconta la nascita The Christian Institute, spiegando che l’iniziativa ha avuto origine, in Inghilterra, dall’intenzione di alcuni genitori decisi a far sentire la propria voce al Governo e al Sistema sanitario nazionale al fine di proteggere i propri figli dal modello che vede una somministrazione sempre più frequente di trattamenti medici a minori che dichiarano di non riconoscersi nel proprio corpo.
«Una sterilizzazione sponsorizzata dallo Stato», secondo l’intervento della madre da cui il gruppo avrebbe avuto inizio e che fa riferimento al ricorso a terapie ormonali e chirurgia per giovani con autismo o disordini psicologici.
«Non ha alcun senso che centinaia di giovani vulnerabili con problemi di salute mentale come mio figlio siano condotti dalla lobby LGBT alla delusione di essere nati del sesso sbagliato» afferma un’altra donna.
La maggioranza di questi genitori ha in comune l’aver toccato con mano, in prima persona, la questione: sono padri e madri di ragazzi che hanno confessato loro di aver capito di essere transgender, magari dopo aver parlato con amici o altri online su questioni inerenti l’identità di genere, e alcuni di loro sono autistici.
Un padre racconta: «Mia figlia non sta effettuando la transizione, lei è stata condotta nella transizione da una setta LGBT e dei professionisti medici. Se la mente ti sta dicendo che il corpo è sbagliato, concentrati sulla mente, non sul corpo. Se procedono con la chirurgia stiamo parlando di rimuovere un seno in salute e l’utero da giovani donne e peni funzionati da giovani uomini per essere rimpiazzati da estensioni e inversioni con elevati tassi di complicanze che richiedono mantenimento a vita».
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Poche valutazioni preliminari, una superficialità affettata e una forte pressione da parte del mondo LGBT è quello che questi genitori lamentano, e non sono i soli. Ad inizio mese, un’altra mamma ha dichiarato di essere in procinto di muovere un’azione legale contro il Servizio di Sviluppo dell’Identità di Genere del Trust del Servizio Sanitario Nazionale di Tavistock e Portman riguardo l’uso di farmaci blocca-pubertà.
La figlia quindicenne è, infatti, autistica e non può pertanto propriamente acconsentire al trattamento. La madre aggiunge anche che sarebbe meglio che queste cure siano per il momento lasciate in attesa, almeno fino a che non se ne conoscano più approfonditamente gli effetti collaterali.
Gina Lo Piparo
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