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Sacchetti di plastica: l’inventore voleva salvare il Pianeta

GinaLoPiparo

Sacchetti di plastica: l’inventore voleva salvare il Pianeta

mercoledì 30 Ottobre 2019 - 12:30
Sacchetti di plastica: l’inventore voleva salvare il Pianeta

Sono diventati simbolo dell’inquinamento ma Sten Gustaf Thulin negli anni 70 li aveva ideati allo scopo di ridurre l’abbattimento degli alberi.

Sono diventati simbolo dell’inquinamento, soprattutto marino, eppure Sten Gustaf Thulin negli anni Sessanta li aveva ideati allo scopo di ridurre l’abbattimento degli alberi necessario a produrre le borse di carta.

La plastica sta letteralmente soffocando il pianeta. Come riporta WWF Italia, solo nel Mar Mediterraneo ogni anno circa 570mila tonnellate – pari a 33mila bottigliette al minuto – finiscono per intaccare la flora e la fauna marina, contribuendo a una delle emergenze ambientali più gravi dei nostri giorni.

L’Italia risente notevolmente di questo tipo di inquinamento, perché ha la maggiore estensione costiera sul Mediterraneo; tuttavia continua a dare il suo negativo contributo detenendo l’infelice primato di maggiore produttore di manufatti di plastica della regione e il secondo posto in fatto di produzione di rifiuti plastici.

Eppure, Sten Gustaf Thulin, ingegnere svedese inventore dei sacchetti di plastica, era stato motivato dalla genuina volontà di salvare il nostro pianeta quando inventò l’imballaggio che oggi – ironia della sorte – è diventato uno dei simboli dell’inquinamento ambientale.

Intervistato dalla BBC, il figlio Raoul ne ha illustrato il disegno originario, nato dall’intenzione di creare dei sacchi in polietilene in un unico pezzo per la Celloplast, azienda di imballaggi svedese. La volontà di Thulin era quella di creare un prodotto riutilizzabile ed economico in modo tale da essere accessibile a tutti e di avere, quindi, un impatto positivo sul pianeta. Egli stesso portava sempre con sé un sacchetto di plastica ripiegato.

Ai tempi infatti i supermercati adoperavano sacchi di carta che comportavano un continuo abbattimento di milioni di alberi, fenomeno al quale Thulin voleva cercare di porre rimedio, per quanto possibile. L’idea ebbe successo, nel 1965 la Celloplast la brevettò e nel 1979 costituiva già l’80% del mercato europeo delle borse.

«Sarebbe scioccato ora, per non dire sconvolto, se vedesse cos’è successo» commenta il figlio. Ed effettivamente, oggi, stando alle rilevazioni delle Nazioni Unite, i sacchetti di plastica sono sfornati al folle ritmo di un trilione all’anno. La loro economicità ha fatto sì che si diffondessero a macchia d’olio e che fossero cestinati come nulla – altro che riutilizzo. Per decomporsi impiegano centinaia di anni e sono annoverati tra le cause dei mutamenti climatici.

Con un’inversione di tendenza, i più sensibili alle tematiche green tornano alle sporte di carta o cotone, ma, commenta la giornalista ambientale Laura Foster, «non ci siamo mai resi conto che borse di carta e cotone sono nettamente più impattanti sull’ambiente. Sono decisamente più inquinanti».

Margaret Bates, docente di risorse sostenibili all’Università di Northampton, spiega infatti: «Produrre un sacchetto di carta richiede più energia e molta più acqua rispetto a uno di plastica. Le borse di cotone sono, se possibile, ancora meno invitanti. Le sue colture intensive, infatti, richiedono una idratazione molto importante. Ecco perché siamo sinceramente preoccupati dal suo utilizzo anche nel settore della moda».

Strano ma vero, sarebbe meglio utilizzare le sporte di plastica, assumendo però un atteggiamento consapevole e responsabile. L’arte del riciclo e del riuso, poi, non andrebbe mai dimenticata. Laura Foster, alla domanda su quali borse sarebbe meglio usare per fare la spesa, risponde: «Bisogna servirsi di quelle di cui già disponiamo. E, nel caso si rompessero, basta rattopparle. Oppure, riciclarle».

Gina Lo Piparo

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