Nel Regno Unito sempre più arbitri donna scelgono di lasciare i campi da gioco per timore che le giocatrici trans possano infortunare le altre, non potendo gestire la situazione.
Nel Regno Unito sempre più arbitri donna scelgono di lasciare i campi da gioco per timore che le giocatrici trans possano infortunare le altre, non potendo gestire la situazione.
Il rugby è uno sport che, a differenza dell’Italia, coinvolge molte più persone nel Regno Unito, sia uomini che donne.
Ora, sta accadendo che sempre più arbitri donna stiano scegliendo di non dirigere più le gare dei campionati femminili perché temono che le giocatrici trans possano causare seri infortuni alle altre.
Innanzitutto, secondo le regole della Rugby Football Union (RFU), le giocatrici trans devono sottoporsi agli esami del sangue per assicurarsi che il loro testosterone sia al di sotto di un determinato livello.
Tuttavia, le arbitresse non sono in grado di verificare se una giocatrice sia stata davvero autorizzata dalla RFU e, quindi, devono prendere per buona la loro parola.
Un’arbitressa ha raccontato al Sunday Times di essere stata costretta a «dare la priorità ai sentimenti feriti rispetto alle ossa rotte».
Un’altra ha detto di essere stata etichettata come bigotta solo per avere messo in discussione alcune giocatrici.
Inclusione a tutti i costi
Come riportato su Christian.org.uk, Sharron Davies ha raccontato che la figlia di 11 anni non gioca più a rugby per motivi di sicurezza e ha chiesto agli organi che governano questo sport come si possa ritenere accettabile che un uomo biologico giochi con le donne (il rugby, ricordiamo, è uno sport di contatto maggiore rispetto al calcio).
La dott.ssa Nicola Williams di Fair Play for Women ha affermato che la RFU «è stata messa sotto pressione dalle lobby trans ben finanziate e potenti affinché le giocatrici trans siano incluse a tutti i costi».
Walter Giannò
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