La prima sezione penale della Corte di Cassazione si riunisce per valutare il ricorso presentato dai legali di Giovanni Brusca contro il no agli arresti domiciliari. Le reazioni di Maria Falcone e Matteo Salvini.
Come anticipato ieri dal Corriere della Sera, oggi la prima sezione penale della Corte di Cassazione si riunisce per valutare il ricorso presentato dai legali di Giovanni Brusca contro il no agli arresti domiciliari chiesti dall’ex boss mafioso, avvenuto il marzo scorso da parte del tribunale di sorveglianza di Roma.
Per la Procura antimafia, «il contributo offerto da Brusca nel corso degli anni è stato attentamente vagliato e ripetutamente ritenuto attendibile da diversi organi giurisdizionali, sia sotto il profilo della credibilità soggettiva del collaboratore, sia sotto il profilo della attendibilità oggettiva delle singole dichiarazioni».
E, inoltre, «sono stati acquisiti elementi rilevanti ai fini del ravvedimento del Brusca»: le sentenze che hanno riconosciuto «la centralità e rilevanza del contributo dichiarativo del collaboratore», e «le relazioni e i pareri sul comportamento di Brusca in ambito carcerario e nel corso della fruizione dei precedenti permessi».
Aggiornamento, 15.43: La procura generale della Cassazione si è espressa contro gli arresti domiciliari per Giovanni Brusca. Il Pg, nel parere espresso nella requisitoria scritta in cui si rigetta la richiesta avanzata dalla difesa dell’ex boss di Cosa Nostra, condividendo le motivazioni del Tribunale di Sorveglianza, considera «non ancora acquisita la prova certa e definitiva del suo ravvedimento». La decisione dei giudici della Suprema Corte è attesa nelle prossime ore.
Aggiornamento 23.13: Il pentito Giovanni Brusca resta in carcere e non andrà ai domiciliari come chiesto dai suoi legali. Il ricorso è stato rigettato in esito alla udienza camerale di oggi. È stato proposto dal difensore avverso ordinanza del 12 marzo 2019 del Tribunale di sorveglianza di Roma di rigetto della richiesta di detenzione domiciliare ai sensi dell’art. 16-nonies d.l. n. 8/91, e successive modifiche.
LA REAZIONE DI MARIA FALCONE
Maria Falcone, sorella del giudice Giovanni, ucciso dalla mafia il 23 maggio 1992, e presidente della Fondazioen che porta il nome del fratello, ha affermato: «Fermo restando l’assoluto rispetto per le decisioni che prenderà la Cassazione, voglio ricordare che i magistrati si sono già espressi negativamente due volte sulla richiesta di domiciliari presentata dai legali di Giovanni Brusca. Il tribunale di sorveglianza di Roma, solo ad aprile scorso, negandogli la scarcerazione, ha avanzato pesantissimi dubbi sul suo reale ravvedimento».
«Mi limito a citare la motivazione del provvedimento – ha aggiunto – in cui il tribunale, testualmente, ha scritto che non si ravvisava in Brusca ‘un mutamento profondo e sensibile della personalità tale da indurre un diverso modo di sentire e agire in armonia con i principi accolti dal consorzio civile’».
«Ricordo ancora – ha proseguito Maria Falcone – che Giovanni Brusca proprio grazie alla collaborazione con la giustizia ha potuto beneficiare di premialità importanti: oltre a evitare l’ergastolo per le decine di omicidi che ha commesso – tra questi cito solo quello del piccolo Giuseppe Di Matteo, strangolato e sciolto nell’acido a 15 anni- ha usufruito di 80 permessi. Il suo passato criminale, l’efferatezza e la spietatezza delle sue condotte e il controverso percorso nel collaborare con la giustizia che ha avuto luci e ombre, come è stato sottolineato nel tempo da più autorità giudiziarie, lo rendono un personaggio ancora ambiguo e non meritevole di ulteriori benefici».
LA REAZIONE DI MATTEO SALVINI
L’ex ministro dell’Interno, Matteo Salvini, su Facebook ha scritto: «Un assassino, il killer della strage di Capaci, un mafioso libero di tornare a casa? Ma stiamo scherzando? In galera fino alla fine dei suoi giorni, non facciamo rivoltare nelle loro povere tombe i troppi morti per mano della mafia. Fare uscire Brusca dal carcere sarebbe disumano. Chi toglie una persona al padre, alla madre, alla moglie, ai figli, merita di tornare a casa? No. In galera fino all’ultimo giorno, lavorando».
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