Le parole di Francesco Squillaci, collaboratore di giustizia catanese, al processo d'appello sulla cosiddetta trattativa Stato - mafia.
Le parole di Francesco Squillaci, collaboratore di giustizia catanese, al processo d’appello sulla cosiddetta trattativa Stato – mafia.
(di Redazione) «Durante la detenzione a Pianosa mio padre conobbe Vittorio Mangano e seppe che scriveva telegrammi a Berlusconi perché voleva essere aiutato a essere trasferito perché sottoposto a continue violenze. I telegrammi però non partivano dal carcere perché la censura li bloccava e Mangano li stracciava. Mio padre mi raccontò che Mangano gli aveva riferito che Berlusconi era l’uomo che poteva aiutare Cosa nostra».
Queste le parole di Francesco Squillaci, collaboratore di giustizia catanese ed ex capomandamento del clan Santapaola, pronunciate al processo d’appello sulla cosiddetta trattativa Stato – mafia.
Il padre di Squillaci è stato detenuto al 41 bis a Pianosa, a Spoleto e Cuneo; mentre il boss Vittorio Mangano, prima dell’arresto, ha svolto il lavoro di stalliere nella villa di Arcore di Berlusconi.
Squillaci, condannato all’ergastolo, è detenuto da 26 anni e collabora con la giustizia dall’aprile 2018: «Ho gestito la latitanza di Giuseppe Pulvirenti – ha raccontato – e avevo un contatto diretto con Benedetto Santapaola».