Una storia che mostra il vero volto della selvaggia pratica dell’utero in affitto che a differenza dell’adozione, non nasce per dare due genitori ad un bambino, ma un bambino a due genitori, ma se non è perfetto lo rifiutano.
Una storia che mostra il vero volto della selvaggia pratica dell’utero in affitto che a differenza dell’adozione, non nasce per dare due genitori ad un bambino, ma un bambino a due genitori, ma se non è perfetto lo rifiutano.
(di Nausica Della Valle) Avevano pagato una donna perché partorisse i loro figli. Erano due gemelli, uno è morto alla nascita e l’altra ha riportato danni cerebrali gravi. Così i suoi genitori legali, arrivati dagli Stati Uniti, hanno ripreso l’aereo abbandonando all’ospedale la neonata, nonostante porti il loro cognome.
È una storia terribile e di ordinaria ingiustizia, così come lo è la pratica dell’utero in affitto, quella che arriva dall’Ucraina, l’Eldorado europeo della maternità surrogata, quella di una bambina prima commissionata e poi scartata come un prodotto difettoso e che ora cresce tutta sola in un orfanotrofio.
Una storia emersa grazie alla tenacia di una giornalista della rete australiana Abc News, Samantha Hawley, che dopo un anno di ricerche ha incontrato la piccola Bridget insieme all’infermiera che si prende amorevolmente cura di lei, nell’istituto di Zaporizhzhya, a Kiev, in cui vive.
Questi i dati di cronaca, raccontati da Hawley in un toccante reportage televisivo di oltre 20 minuti e in un lungo articolo rintracciabile sul Web; Matthew S. E.T., 39 anni, e la matura moglie Irmgard P., 61, stipulano un contratto di utero in affitto in Ucraina. Nel febbraio 2016 la madre portatrice, che vive nell’area di guerra, a Donetsk, mette al mondo due gemelli alla 25esima settimana di gestazione. Uno muore. L’altra è Bridget, 800 grammi di peso. I medici riscontrano danni cerebrali. La coppia americana è delusa, si aspettava un figlio perfetto, non certo un prodotto difettoso… Così rifiutano Bridget, tornano in California e dopo cinque mesi, con una lettera formale chiedono ai medici di «staccare la spina» alla figlia lontana, visto che le sue condizioni appaiono irreversibili.
Si apre una controversia: la bambina è legalmente figlia di due americani, non ha la cittadinanza ucraina, non può essere dichiarata adottabile e dunque resta in orfanotrofio.
Due anni dopo la nascita i coniugi inviano un ulteriore documento, «firmato alla presenza del console generale dell’ambasciata Usa», in cui danno il loro consenso all’adozione di Bridget. Ma questo non cambia la sorte della piccola. Oggi Bridget ha 3 anni e mezzo, è disabile, ha un ritardo intellettivo e motorio, ed è curata e coccolata dall’infermiera che la segue dalla nascita, Marina Boyko.
Il Garante dell’Infanzia ucraino è al corrente dei fatti, conosce la storia di Bridget Irmgard P.-E. e si lascia sfuggire che sono almeno dieci i figli della surrogata scartati dai committenti perché imperfetti. I casi noti.
Insomma, parliamo di orfani creati ‘a tavolino’, di vite deliberatamente spezzate e di uno sfruttamento disumano di mamme bisognose che aggiunge agli altri ‘danni collaterali’ lo scarto degli «imperfetti». Come la piccola Bridget.
Nausica Della Valle