Quasi duecento amministratori delegati firmano un appello sul ‘New York Time’.

Esiste un nesso tra politiche ‘pro vita’ ed economia. Sì, ma stavolta non è come si potrebbe immaginare. Altro che sostegno alla natalità per aumentare la crescita, l’idea di 180 amministratori delegati americani è di tono totalmente opposto.

Lo si legge nel manifesto pubblicato sul “New York Time”, “Don’t ban equality” (“Non mettere al bando l’uguaglianza), un documento sottoscritto da alcuni tra i magnati più ricchi degli Stati Uniti, come Peter Grauer, a.d. di Bloomberg, Ezinne Kwubiri di H&M e tanti altri.

Un lungo soliloquio incentrato sui rischi che le loro aziende stanno correndo, a seguito della svolta “pro life” degli Usa. Un vero e proprio mix di voli pindarici per arrivare quasi mai a citare espressamente la parola “aborto”, ma far intendere un messaggio ben chiaro, fino ad arrivare al cuore della questione: “Limitare l’accesso a cure riproduttive complete – si legge nel documento -, incluso l’aborto, minaccia la salute, la stabilità e l’indipendenza sia dei nostri clienti, sia dei nostri dipendenti“.

Insomma, dietro l’elogio dell’eguaglianza, un chiaro messaggio d’attacco alle politiche etiche del presidente Donald Trump e a quanto accaduto nei mesi scorsi in molti stati: dalla Georgia all’Alabama, dal Mississippi al Kentucky, passando per la Lousiana, sono diversi i governatori che hanno promulgato norme che mirano a una stretta sull’aborto nelle strutture pubbliche, per seguire il grande programma “pro life” lanciato a febbraio dallo stesso Trump.

Del resto, proprio nel mese in cui la comunità lgbt celebra il pride, molte delle aziende del manifesto in questione stanno dando un forte sostegno alla lobby gay, cercando ovviamente di conquistare nuova clientela.