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“Ecco perché diciamo no alla legalizzazione della prostituzione”

Voce Contro Corrente

“Ecco perché diciamo no alla legalizzazione della prostituzione”

venerdì 08 Marzo 2019 - 09:33
“Ecco perché diciamo no alla legalizzazione della prostituzione”

Un manifesto dei “Giuristi per la vita” e “Nova civilitas”, che spiega le motivazioni di una scelta forte, contro l’ipotesi che sta prendendo campo in Italia.

I “Giuristi per la vita” e “Nova civilitas” si schierano contro la legalizzazione della prostituzione e lo fanno con il loro presidente, l’avvocato Gianfranco Amato. Proprio nella giornata internazionale delle donne, le due realtà da sempre attive nel nostro paese, intendono prendere una posizione netta, su una tematica delicata, tornata da poco nel dibattito politico del nostro paese. Amato propone un vero e proprio manifesto, che oltre ad esporre una tesi, vorrebbe sensibilizzare la comunità italiana, in difesa della dignità della donna.

La regolamentazione non riduce il fenomeno. Nei paesi dove la prostituzione è stata legalizzata, infatti, la tratta non si è ridotta ma si è inserita nei canali istituzionali rendendo ancora più difficile liberare le donne. Anzi, il numero complessivo delle persone coinvolte è aumentato enormemente, come dimostra la Germania dove le prostitute sono triplicate, aumentando da 100.000 a 300.000 e le donne oggetto del traffico sono più che raddoppiate. La regolamentazione nasconde e non risolve lo sfruttamento. Diventa un ottimo scudo dietro cui i trafficanti si possono mascherare.

La prostituzione non è il mestiere più antico del mondo ma lo sfruttamento più antico del mondo. Vendere il proprio corpo lede i diritti della persona e favorisce una cultura di sottomissione e svilimento della dignità umana.

La legalizzazione lancia un messaggio culturale diseducativo. Rischia di far percepire come “normale” la prostituzione, specie fra i giovani e i ceti deboli, diventando una delle tante alternative tra cui scegliere per risolvere il problema del lavoro, dell’impegno lavorativo e formativo. La prostituzione evidentemente non è un lavoro e non può esservi equiparato.

Lo Stato non può lucrare su comportamenti illeciti e immorali. Tassare la prostituzione sarebbe come tassare le mazzette, il ricavato del contrabbando o i proventi di una rapina. Dichiarare legale quell’attività significa anche neutralizzare la necessaria lotta culturale e giudiziaria alla prostituzione da parte dello Stato e degli enti locali.

La tassazione di un “comportamento” legalizzato diventerebbe un pessimo alibi per i clienti che riterrebbero moralmente accettabile sfruttare a pagamento il corpo di una persona per il proprio piacere personale.

La legalizzazione non riduce gli abusi nei confronti delle donne. Infatti, il 60% delle prostitute che operano nei Paesi Bassi hanno subito violenza fisica, mentre il 40% delle stesse ha dichiarato di aver subito violenza sessuale. Negli Stati Uniti, l’86% delle prostitute ha dichiarato di aver subito violenza fisica dai clienti. Il 59% delle prostitute tedesche ha dichiarato che la regolamentazione non le fa sentire più sicure dalla violenza fisica o sessuale.

La legalizzazione non aumenta la sicurezza sanitaria delle donne che si prostituiscono. Nello Stato di Victoria, in Australia, un cliente su cinque dichiara di voler avere rapporti sessuali non protetti. In Canada, il tasso di mortalità delle prostitute è quaranta volte superiore alla media nazionale. La prostituzione comporta effetti dannosi per la salute delle persone che la praticano, le quali sono più soggette a traumi sessuali, fisici e psichici, alla dipendenza da stupefacenti e alcool, alla perdita di autostima, così come a un tasso di mortalità superiore rispetto al resto della popolazione.

La legalizzazione aumenta, invece, i costi sociali a causa della diffusione delle malattie sessualmente trasmissibili nella popolazione. Molte donne, inconsapevoli mogli dei clienti, contraggono il papilloma virus e non solo l’HIV.

L’obiezione che immediatamente pongono, una volta ascoltate le ragioni del no alla legalizzazione, è sempre la stessa: «ma, allora, come pensi di risolvere il problema della prostituzione di strada?».

Con il “metodo  don Oreste Benzi” e la Comunità da lui fondata. Bisogna punire clienti e sfruttatori e liberare le schiave di strada finanziando le associazioni e le comunità  che già se ne occupano.

La droga e la prostituzione stanno all’origine della maggior parte dei reati, vanno combattute punendo gli spacciatori di droga,  gli sfruttatori delle schiave del sesso e i loro clienti non e’ legalizzando che si risolvono entrambi i problemi che non sono altro che la faccia della stessa medaglia.