Un esecutivo formato da ministri pro eutanasia e Lgbt.
E’ durata appena sette mesi l’esperienza governativa di Pedro Sanchez. Il leader del Partito Socialista Operaio era diventato presidente del governo della Spagna lo scorso 2 giugno, subentrando al caduto governo di centrodestra. Un esecutivo “laicista” che si era insediato rifiutandosi di giurare su simboli religiosi come la Bibbia o il crocifisso. A comporre la compagine governativa, Sanchez aveva chiamato a sé politici pro aborto, pro eutanasia, esponenti della comunità Lgbt nonché molte intransigenti femministe. Dal vice presidente Carmen Calvo, a Maria Montero – ministro delle Finanze -, passando per Margherita Robles (titolare della difesa), i presupposti per un governo “nemico” della famiglia, della vita e dei valori etici fondamentali c’erano tutti. Ma la compagine non è riuscita a completare i due anni di mandato rimanenti.
Questa mattina, Sanchez è stato “affossato” dall’aula parlamentare, dove il bilancio del governo non è stato approvato, ponendo di fatto fine all’esperienza socialista. Venerdì, il premier uscente comunicherà al paese la data delle prossime elezioni.